domenica 10 febbraio 2008
La frequentazioni di ambienti oscuri e tenebrosi può portare a spiacevoli sensazioni e, talvolta, l’immaginazione può galoppare liberamente. Ho già scritto un racconto su questo argomento, che però riguardava la manifestazione di una entità buona e positiva. Di seguito affronterò lo stesso tema, anche l’ipotetica ambientazione potrebbe essere la stessa, ma con un finale completamente diverso. E se ci fosse qualcosa di maligno che ci aspetta fra le volte annerito di qualche vecchio sotterraneo?

Paura (racconto)

Non era mai successo, non me lo sarei mai immaginato, ma è accaduto proprio qualche giorno fa! Si trattava di una semplice uscita di rilevamento in un vecchio sotterraneo della città, come ce ne sono tanti. La struttura risaliva al 1600 e presentava qualche interessante possibilità di prosecuzione. Come spesso accade, dovevamo essere almeno in cinque speleologi, ma - alla fine - ci siamo trovati solamente in due: io e la mia appassionata collega Valeria. Ottenute le chiavi del pesante portone e preparata l’attrezzatura, siamo subito scesi nella cavità, per prendere alcune misure che avevamo tralasciato nella precedente visita. Fin dall’inizio ho notato che qualcosa non andava, l’atmosfera era decisamente pesante, faceva caldo e - pur sapendo che non c’era alcun gas nocivo e che l’ossigeno non mancava - si respirava quasi a fatica. Non c’era alcun fenomeno concreto, c’era più che altro una strana sensazione, un nodo che ti prendeva alla gola e ti bloccava il fiato. Per qualche minuto, comunque, tutto è andato per il meglio: abbiamo misurato una stanzetta laterale ed abbiamo preso qualche fotografia. Poi, all’improvviso, la lampada elettrica di Valeria ha smesso inspiegabilmente di funzionare. Nonostante avessimo provato e riprovato con i contatti, con l’interruttore e con i fili di collegamento, la lampadina si rifiutava di accendersi. Valeria, dotata di una piccola torcetta di emergenza, ha quindi pensato che era meglio procurarsi una nuova luce, per cui si è avviata verso l’ingresso - si trattava di superare solamente qualche decina di metri di basse gallerie - per arrivare allo zaino e prendere una nuova fonte di illuminazione. Immerso nelle mie misurazioni ho semplicemente annuito, così Valeria è ritornata verso l’ingresso ed io sono rimasto solo. Sono bastati pochi secondi ed è subito iniziata la più strana, incredibile e terrorizzante esperienza della mia vita. Ho già detto che in quel sotterraneo faceva stranamente caldo ma, immediatamente, la temperatura ha iniziato ad abbassarsi: da un’atmosfera quasi soffocante si è rapidamente passati ad un clima freddo che metteva i brividi alla schiena, ed il tutto è successo in pochi attimi. Poi ha iniziato a manifestarsi una strana corrente d’aria, anch’essa gelida. Non proveniva da nessuna direzione precisa, ma era concreta, reale e ti avvolgeva da tutte le parti. In quelle condizioni il fiato ha iniziato subito a condensarsi, quale ulteriore conferma che qualcosa stava effettivamente accadendo. A questo punto, seguendo le folate d’aria, la polvere ha iniziato a sollevarsi dal pavimento, ma anche una specie di nebbia filamentosa ha cominciato a materializzarsi davanti ai miei occhi. Non sagome distinte, ma lente volute di bianco fumo, a volte trasparente a volte più denso, che si inseguivano nella stanza. Sembrava quasi che questa particolare nebbia si accendesse di una sua propria ed interna luminescenza. Per finire, ho iniziato a sentire i rumori. Non so se posso chiamarle voci, in quanto non ho recepito alcuna parola coerente, ma in quel piccolo ambiente era possibile udire sussurri, sospiri, lamenti, brandelli di parole che passavano dal bisbiglio al grido improvviso. Quest’ultima manifestazione ha fatto sì che mi riscuotessi e che reagissi alla strana situazione nella quale ero stato coinvolto. Lo spiffero d’aria può avere una spiegazione naturale, il cambiamento della temperatura può essere legato, eventualmente, all’apertura del portone d’ingresso, ma i fenomeni erano troppi, collegati e contemporanei. Non posso affermare di credere alle apparizioni che comunemente vengono chiamate “fantasmi”, in quanto non ho mai avuto l’occasione di entrare in contatto con tali insolite presenze, ma in quella piccola camera sotterranea si stavano raccogliendo per me, e tutti in una volta, gli avvenimenti più inspiegabili e misteriose di cui avessi mai sentito parlare. Di solito mi reputo coraggioso, se si tratta di situazioni gestibili e collegate ad eventi che in qualche modo si possono comprendere. In questo caso, invece, non c’era nulla da capire: stavano accadendo cose che trascendevano dal piano della ragione e che traevano origine da dimensioni sconosciute e straordinarie.
Non potevo fare altro che fuggire. Ho corso veloce, più veloce che potevo, fino a raggiungere l’ingresso. Valeria mi ha guardato dubbiosa, mostrandomi come la lampada che all'interno del sotterraneo si era rifiutata di funzionare ora, presso l'ingresso, si fosse riaccesa da sola. Penso di aver trattato bruscamente l'amica, ma ho preso lo zaino e sono uscito immediatamente, senza dare alcuna giustificazione. Non sarei mai più entrato in quel sotterraneo!
Qualche giorno dopo ho avuto finalmente il tempo e la forza per riordinare lo zaino. Ho trovato il taccuino pieno di appunti ed ho sorriso pensando che quel rilievo, almeno per quanto mi riguarda, non sarebbe mai stato completato. Poi ho trovato la macchina fotografica digitale e, con curiosità, l’ho subito collegata al computer. Erano memorizzate circa una decina di immagini, che avevo raccolto non appena entrato nei passaggi sotterranei. Ma quella che più mi colpì fu l’ultima fotografia, che non ricordavo nemmeno di aver scattato: si vedeva distintamente la strana nebbia che mi vorticava attorno ma, osservando bene, si poteva anche notare come - in un punto particolare - questa si fosse addensata a formare una figura riconoscibile. Non so dire se si trattasse della sagoma di un uomo o di una donna, ma era distinguibile un corpo, si notavano delle braccia protese e sul monitor del computer era chiaramente visibile una faccia con tanto di naso, bocca ed occhi. Sono questi ultimi che mi hanno colpito di più: sembravano due buchi profondi, due vortici che aspiravano la luce e riflettevano solo un nero assoluto e senza fine. Con movimenti lenti ho tolto la schedina di memorizzazione dal computer e l’ho infilata in fondo al cassetto della scrivania. Non so se avrò ancora il coraggio di guardare quella foto e vedere nuovamente quegli occhi di tenebra. Mai avrei immaginato di pensare alle mie future esplorazioni urbane con un senso di profondo disagio. Ma non era possibile superare facilmente quello che avevo vissuto, almeno non per il momento. Spero solo che in futuro avrò ancora la forza di entrare in qualche altra galleria ipogea della mia città perché, per oggi, non se ne parla nemmeno. Vi chiederete se si tratta di paura? Ebbene si, ho paura che ancora una volta la temperatura cambi, che si sollevi uno spiffero d’aria gelida, che si materializzi una strana nebbia che, danzando con movimenti imprevedibili, si addensi in una figura riconoscibile. Ho paura, e non me ne vergogno. Non so se lo dirò agli altri, se spiegherò cosa è successo, ma l’unica certezza è che - per il momento - mi dedicherò a belle passeggiate in montagna ed all’aria aperta. Escursioni alla luce del sole, dove i fantasmi e le ombre del passato non vogliono, o non possono, farsi vedere. Almeno lo spero…

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posted by Paolo at 18:59 |


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