domenica 18 gennaio 2009
Sono stato sgridato perché, troppo spesso, i miei racconti trattano di temi tristi e di paura. Per rimediare a questo, ho scritto il testo seguente che, nelle mie speranze, dovrebbe in parte rimediare alle piccole critiche ricevute. Anche questo è dedicato ad una mia amica, che inevitabilmente si riconoscerà nel personaggio.

Giara si svegliò all’improvviso, con un sussulto. Ricordava perfettamente quello che era successo: stava scendendo lungo una fessura non strettissima, ma sicuramente meno larga di quello che lei avrebbe voluto. Non era intimorita dai passaggi che presentavano sezioni ridotte, ma se poteva evitarli, era meglio. Così, un po’ controvoglia, si era infilata in quella spaccatura, per vedere se c’era una continuazione. Gli altri, fuori, ridevano e la prendevano in giro perché procedeva lentamente e con attenzione, ma piombò improvvisamente il silenzio quando la prima pietra iniziò a rotolare. Un rumore sordo di frana, tanta polvere e sassi che rimbalzavano da tutte le parti. La ragazza ebbe la sensazione di essere stata colpita da un masso un po’ più grande degli altri, poi si sentì come soffocare e lentamente perse i sensi.
Aprendo gli occhi, Giara pensò che era tutto finito, nel senso che quello che vedeva non poteva corrispondere alla situazione nella quale si trovava realmente. Era svenuta all’interno di una stretta fessura, fra terra e pietre rotolanti, ed ora si risvegliava in un ambiente dall’aria tiepida e tersa, pervaso da una luce azzurrina e soffusa. Guardandosi attorno poteva vedere un pavimento liscio e quasi trasparente, delle pareti formate da cristalli multicolori e, cosa straordinaria, degli strani tendaggi di tessuto soffice e cangiante. “E’ il paradiso” pensò, “cosa altro può essere?”
Questa considerazione prese ancora più consistenza quando apparvero le due figure. Lei era di una bellezza assoluta, aggraziata, sinuosa, perfetta nelle sue forme. Lui, d’altro canto, non era da meno. Biondo, capelli lunghi, dal fisico forte e proporzionato. Entrambi erano vestiti - in verità ben poco vestiti - con indumenti che sembravano essere ricavati da velluti e broccati, morbidi e rilucenti. Davanti a queste fantastiche figure, Giara pensò che se era veramente in paradiso, quei due dovevano essere degli angeli.
Poi, il ragazzo biondo e alto iniziò a parlare “Ciao Giara. Noi sappiamo tutto di te, sappiamo quasi tutto di quello che succede fuori… Non entriamo mai in contatto con gli esseri della luce, gli umani che vivono sotto il sole e poche volte visitiamo il vostro mondo, ma nel tuo caso non abbiamo avuto scelta. Eri in difficoltà, rischiavi di morire e quindi siamo intervenuti. Noi viviamo da sempre nel mondo nascosto dei cristalli, scavato nelle viscere della terra. Vegliamo su di voi e sulle vostre azioni, però lo facciamo con estrema discrezione, non ci facciamo vedere se non è strettamente necessario. Quelle poche volte che vi siamo apparsi ci avete dato i nomi più fantasiosi, ci avete chiamati dei, angeli, fate, creature celesti, spiriti dei boschi. Per noi è lo stesso, va benissimo che nascano leggende romantiche sulla nostra esistenza, basta che nessun umano venga a conoscenza del nostro mondo e di come potervi accedere. E qui sorgono dei problemi…”.
Con voce suadente continuò: “Ora tu puoi scegliere. O rimanere con noi, per sempre ma senza alcun contatto con il mondo di prima, dimenticando amici, famiglia e la vita di ogni giorno, oppure ti possiamo far ritornare da dove sei venuta, ma scorderai completamente tutto quello che hai visto. E’ una tua scelta, che devi valutare con attenzione…”
Giara osservò con interesse le due figure che aveva davanti, la ragazza era bellissima e sorrideva. Il ragazzo era altrettanto bello, con i suoi occhi azzurri e l’espressione profonda. La fissava intensamente e, chissà perché, Giara pensò che se fosse rimasta in quel mondo incantato, forse, la loro intesa si sarebbe fatta più profonda ed intensa. Allo stesso tempo pensò al ragazzo che aveva lasciato fuori, nel mondo della luce, che proprio in quel momento si stava preoccupando per la sua sorte. Sorrise quasi pensando che, più che una scelta fra due mondi, fra due universi così diversi, lei stava quasi facendo una scelta fra un ragazzo moro ed un ragazzo biondo, fra una storia che fino a quel momento aveva avuto anche tanti momenti felici ed un’altra possibile storia tutta da vivere e costruire…
Era veramente indecisa, perché la scelta era troppo grande ed improvvisa. Pensò agli anni trascorsi fino al quel momento ed a tutte le cose, belle e brutte, che aveva visto. Cercò di immaginarsi anche quella che avrebbe potuto essere la sua nuova vita se avesse scelto quello strano mondo, consapevole che, al momento, nulla aveva conosciuto se non l’atmosfera serena e luminosa del locale dove si trovava e la presenza di quei due esseri quasi irreali che aveva davanti.
Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, ma nella sua mente rotolavano tante immagini, frammenti di avvenimenti, luoghi e visi in un caleidoscopio vorticoso e multicolore. Poi, con fermezza, senza capire da dove provenisse tutta quella sicurezza interiore, Giara esclamò “Io voglio ritornare al mio mondo, alla mia vita, a tutto quello che ho amato ed odiato fino ad oggi, alla mia unica ed insostituibile esistenza!”
Il ragazzo sorrise e non sembrò meravigliato da quella scelta. Conosceva bene gli uomini e sapeva cosa - alla fine - era importante per loro. La fissò e con voce armoniosa disse “E così sia…”
Giara si svegliò in una posizione strana e scomoda, distesa su un pavimento umido di sassi e fango. Si alzò subito in piedi e si ricordò immediatamente della frana, delle pietre che cadevano e l’investivano. Si guardò attorno, ma non vide alcuna fessura e nemmeno le tracce di una recente frana. Cosa era successo in realtà? Avanzò lentamente, alla luce della sua lampada elettrica, e - sentendo alcune voci in lontananza - si incamminò in quella direzione. Superata una curva della galleria, apparve ai suoi occhi una scena animata dove varie persone stavano scavando alacremente all’interno di una fessura intasata da massi. Quando lei apparve, all’improvviso, tutti si voltarono e rimasero in silenzio. Non era possibile! Giara doveva stare dall’altra parte della frana, magari travolta dal crollo, ed invece era lì, in piedi, che li fissava. Il primo a scuotersi fu il suo ragazzo, che le corse incontro per abbracciarla.
Giara era felice e, anche se non capiva bene la situazione, era contenta di stringersi a lui. Aveva la mente leggermente confusa, con strane visioni di cristalli colorati, di luci soffuse, di volti bellissimi e rassicuranti. Le risuonavano nella testa parole come fate, spiriti, dei, angeli... Ma non si preoccupò più di tanto, perché l’abbraccio forte del “SUO” angelo dai capelli lunghi e neri era l’unica cosa che contava in quel momento.

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posted by Paolo at 18:24 | 3 comments
domenica 4 gennaio 2009
Se girovagando per il Carso ho spesso documentato grotte, cavità artificiali e “casite”, talvolta mi sono imbattuto anche in particolari ritrovamenti: mi riferisco ai “cippi”, monoliti di varie dimensioni infissi nel terreno e recanti specifiche iscrizioni. Non mi considero un esperto in questo campo e devo dire che l’argomento è abbastanza complesso, in quanto i cippi sono sempre legati a singoli avvenimenti storici o a precise funzioni confinarie. Bisogna quindi collegare la presenza di queste pietre a limiti territoriali in essere secoli fa, oppure ad avvenimenti oramai dimenticati, e questo non è sempre facile.
Vi sono poi i cippi dedicati ai vari interventi di rimboschimento e devo dire che ne ho scovati parecchi appartenenti a questa tipologia. Come già accennato parlando di casite, penso che anche questi piccoli monumenti siano più che degni di un’adeguata cura e conservazione e, quando alcuni sono stati letteralmente divelti, caricati e trasportati in qualche giardino privato, il fatto mi ha dato molto fastidio. Non è che posso considerare queste pietre come una cosa mia, ovviamente, ma allo stesso tempo non sono nemmeno (questo è sicuro) proprietà di altri. Quindi, secondo me, i cippi devono rimanere al loro posto originale, nel punto dove sono stati piantati quale segno di qualcosa che solo li, in quella precisa posizione, assume il proprio reale valore.

Nella fotografia, alcuni esempi di cippi rinvenibili in Carso (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 12:06 | 1 comments