domenica 15 aprile 2007

I rifugi antiaerei che abbiamo documentato sono formati da gallerie più o meno articolate, costruite circa sessanta anni fa. Si tratta, quindi, di realizzazioni relativamente recenti, progettate secondo rigidi schemi tecnici e rispettando specifiche normative di riferimento.
In ben tre casi ci siamo imbattuti, però, in alcune anomalie costruttive che, in un primo momento, non abbiamo subito compreso. Poi, analizzando attentamente le strutture, abbiamo capito di essere in presenza di chiari esempi di riutilizzo di opere artificiali preesistenti alla costruzione dei rifugi stessi. La galleria antiaerea di villa Ara (n. CA 38 FVG-TS), quella di Servola (n. CA 45 FVG-TS) e quella di via di Scorcola (n. CA 144 FVG-TS) presentano, infatti, un collegamento diretto con alcuni pozzi idrici già esistenti nella zona dello scavo. Detti pozzi hanno dimensioni diverse, da 2 a 5 m di diametro, per un'altezza che raggiunge anche i 16 m. Nel primo caso il pozzo si apre sempre in asse con la galleria, ma il collegamento avviene attraverso una piccola botola posta sulla volta, nel secondo si apre alla sommità di un breve cunicolo ascendente, nell'ultimo si collega direttamente al cunicolo. Ci siamo subito domandati quale poteva essere l’utilizzo di queste connessioni e la risposta è stata semplice: osservando come ogni rifugio antiaereo possedesse almeno una presa d'areazione, è probabile che i pozzi intercettati abbiano esercitato la stessa funzione. Ma secondo quale ragionamento, durante lo scavo, le gallerie antiaeree sono state congiunte con questi pozzi? E' difficile ipotizzare che ciò sia avvenuto accidentalmente, particolarmente nel caso che ha visto lo scavo di un cunicolo in salita per arrivare alla base del pozzo. Si è trattato quindi di collegamenti intenzionali e rientranti in una logica costruttiva ben precisa. La risposta potrebbe essere la seguente: i tecnici preposti allo scavo hanno volutamente intercettato i pozzi preesistenti per usufruire di cammini d'areazione perfettamente mimetizzati e già integrati nel tessuto urbano di superficie. Lo sbocco all'esterno di queste prese d'aria era sicuramente visibile dall'alto, ma non identificabile come un'opera di nuova realizzazione. Allo stesso tempo, per gli abitanti del luogo le vere dei pozzi rappresentavano delle costruzioni conosciute ed accettate, non riconducibili, quindi, alle strutture sotterranee che all’epoca si stavano scavando nel sottosuolo.
Qualcuno ha infine posto la domanda se, al momento del collegamento, i pozzi fossero risultati già svuotati dall'accumulo di acqua in essi custodita. Se la giunzione è stata intenzionale e voluta, è sicuro che i pozzi erano già conosciuti, asciutti e preparati per i lavori. Abbiamo stimato che il pozzo intercettato dalla galleria antiaerea di Servola doveva contenere inizialmente almeno 200 mc d'acqua: è ben difficilmente immaginabile una tale massa idrica che si riversa nella galleria sottostante a causa di un calcolo errato nella costruzione del rifugio.

(Foto Guglia)

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posted by Paolo at 12:38 | 0 comments
martedì 10 aprile 2007

Ho già scritto un racconto, abbastanza lungo, che tratta di un essere fantastico che risiede in una grotta. Ritorno a trattare l’argomento, questa volta con un’ambientazione decisamente più horror… legata in qualche modo alla mia lunga ed immutata passione per le storie fantasy e fantascientifiche.

L’essere

Sto correndo nel bosco, oramai immerso nella penombra del tramonto che avanza.
Mi infilo veloce fra gli alberi, cerco di scansare i rami e gli arbusti, ma penso che - alla fine - mi raggiungerà. Non riesco più a percepire i rumori che prima sentivo immediatamente alle mie spalle, ma questo non vuole dire nulla. Lui, per quel poco che ho potuto capire e vedere, corre veloce e non viene certo fermato dall’oscurità.
Quante volte mi sono infilato in buchi ed anfratti del terreno in cerca di nuove grotte, quante volte ho percorso carponi stretti cunicoli per vedere cosa c’era in fondo al pertugio, ma mai mi era successa una cosa del genere. Dopo aver seguito i pochi metri di quello stretto passaggio, ho visto - alla luce della mia lampada elettrica - qualcosa che si muoveva in fondo alla galleria. Una sagoma indistinta, ma grossa, tremendamente grossa. Ho visto del pelo fulvo, delle membrane più scure, zampe ed artigli. Infine, dopo che si è rivoltata, ho visto i suoi occhi, due punti rossi e luminosi che mi fissavano. Non ho aspettato di capire che cosa si trovasse davanti a me, mi sono girato e sono scappato. Sono uscito dal cunicolo rapidamente e, viste le sue esigue dimensioni, ho sperato che quel coso non riuscisse a passare. Mi sono quindi allontanato ma, quando mi sono girato, ho visto che l’essere stava invece per uscire all’esterno. Prima è comparsa una specie di zampa, poi un arto più piccolo ma con possenti artigli. Infine è comparsa la testa. Cominciava ad imbrunire, per cui non sono riuscito a capire fino in fondo di che strano animale si trattasse. All’inizio mi era sembrato quasi un grosso pipistrello, ma poi ho visto in lui qualche tratto quasi felino, un animale sinuoso con lunghi denti bianchi. Infine, quando si è posizionata meglio, la strana figura mi ha ricordato quella di un cinghiale, solo con delle protuberanze sulla schiena che sembravano quasi ali rattrappite. Devo dire che non mi sono fermato a studiare cosa realmente fosse: era di certo una bestiaccia brutta, grossa come un bue, dalla forma non definita e sicuramente cattiva. Lo si capiva dagli occhi scintillanti e dalle zanne che luccicavano bianche nell’oscurità che stava scendendo. E poi quell’essere ce l’aveva con me. Probabilmente l’avevo disturbato, avevo violato la sua tana, il suo ambiente, e lui si era arrabbiato. Ed ora voleva farmela pagare.
Corro più veloce che posso, anche se il fiato comincia a mancare. Ce la sto mettendo tutta perché un po’ più avanti è posteggiata la mia automobile, che mi aspetta all’inizio della strada sterrata. Cerco di capire se c’è ancora qualcosa che mi sta inseguendo, ma sento solamente dei fruscii indistinti alla mia destra. Non rimane che continuare a correre ...
Finalmente vedo la mia automobile, mi precipito verso la portiera, infilo la chiave e sono dentro. Un solo colpo ed il motore si mette in moto e posso partire. Non sono un grande guidatore di fuoristrada, ma cerco di mettere più spazio possibile fra me e l’animale. Sembra quasi che tutto si volga per il meglio finché, passando davanti al tronco di un grande albero, non distinguo una massa scura in agguato: l’essere mi ha preceduto, per tagliarmi la strada. Nella penombra illuminata dai fari posso solo scorgere una specie di sagoma che si protrae in avanti con l’intenzione di colpirmi. Un colpo di sterzo, una sbandata e poi un’improvvisa accelerata. E’ tutto quello che posso fare, ma sembra che, fortunatamente, sia sufficiente. Una specie di zampa pelosa, con radi ciuffi di pelo irsuto su una pelle più scura, quasi incartapecorita, cala nell’aria appena alla destra della mia autovettura. Poi si ritrae, si sposta e scende in un ultimo fendente ad artigli protesi. Sento un grosso colpo alla parte posteriore della macchina, ma continuo ad accelerare e sono oltre. Ancora qualche centinaio di metri ed arrivo sulla strada asfaltata, dove posso aumentare la velocità ed allontanarmi definitivamente da quel bosco e da quella strana creatura.
Dovrò spiegare alle autorità cosa è successo, dovrò informare chi di dovere sul pericolo che risiede in quel bosco, dovrò dire a tutti che un brutto essere, grosso e dotato di denti ed artigli, abita in una spaccatura del terreno fra gli alberi di quella montagna e potrebbe fare del male a qualche passante…
Poi penso che difficilmente qualcuno mi crederà, che non troverò ascolto, che non servirà a niente…
Mi fermo nel posteggio di una stazione di servizio, fra altre macchine che si muovono attorno a me. Scendo dalla vettura per prendere un po’ d’aria fresca. Sono stanco e frastornato, ed infine guardo la parte posteriore della mia automobile.
Sarà dura spiegare che non ho più la targa perché un grosso animale me l’ha staccata di netto con un colpo dei suoi artigli. Gli avvenimenti si sono succeduti veloci e non ho avuto nemmeno il tempo di pensare a cosa stava realmente accadendo. Guardando la carrozzeria ammaccata, la lamiera tagliata di netto e l’ampio squarcio che si trova proprio nella posizione dove prima c’era la targa, mi viene da pensare che l’ho scampata per un pelo.
La passione è tanta, ma non penso che andrò più su queste montagne alla ricerca di nuove grotte …

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posted by Paolo at 21:36 | 0 comments
lunedì 9 aprile 2007

In questo caso, non si tratta di un vero e proprio incidente, ma di un breve momento di potenziale pericolo durato, fortunatamente, solo pochi secondi.
Dopo aver trattato di cadute, frane, scivoloni e rotture di materiali, ho pensato attentamente se ci fossero stati altri episodi in cui mi ero trovato coinvolto direttamente e che sarebbero potuti finire male. Dopo un piccolo sforzo mi è venuta in mente una vicenda che mi è accaduta durante la spedizione per il congiungimento della grotta del Noglar con la vicina La Val. Dopo qualche anno di tentativi, si era finalmente riusciti ad individuare il passaggio che scendeva dalla prima cavità verso i rami profondi della seconda. Si trattava di un cunicolo, alto in media 50 cm, con un corso d’acqua che scorreva al suo interno. L’andamento era irregolare, con curve, gomiti e rapidi cambiamenti di pendenza. Si scendeva - e si trattava di completare un tragitto allora ancora inesplorato - con un sacco di materiale ognuno, più l’attrezzatura personale per permettere la risalita una volta fatto il collegamento. Il percorso, per quanto disagevole, non presentava eccessive difficoltà. Si trattava di strisciare, trascinandosi il sacco e cercando di non bagnarsi troppo nelle pozze più profonde presenti lungo il passaggio. Tutto è successo improvvisamente. Giunto in prossimità di una curva a gomito verso sinistra, ho notato che quasi l’intero cunicolo era occupato da un pozza d’acqua profonda non più di 20 cm. Per non bagnarmi più di tanto, ho cercato di tenermi il più alto possibile verso l’interno di tale curva, facendo presa su alcune piccole stalattiti presenti in quel punto. Probabilmente una di queste concrezioni ha ceduto, perché mi sono trovato senza l’appiglio. Tutto il busto era proteso in avanti e completamente sbilanciato. Risultato finale un bel tuffo, faccia in avanti, nella pozza d’acqua. Ma il tutto si è rivelato più complicato del previsto: la presenza del sacco che non mi permetteva di riacquistare l’equilibrio ed il fatto che mi ritrovavo praticamente a testa in giù nell’acqua, hanno fatto scatenare un momento di vero panico. Non riuscivo a puntarmi, non potevo sollevarmi, ero inesorabilmente bloccato in quella strana posizione, senza alcuna via di scampo. Risultato: sarei semplicemente morto annegato con la faccia immersa in una pozzetta d’acqua profonda una spanna.
Cosa è poi successo? Come sempre, quando ci si trova in situazioni particolari, viene fuori quel “qualcosa in più” che, talvolta, ti salva la vita. Ho iniziato a divincolarmi, a forzare con le gambe, ad annaspare con le braccia, finché non mi sono ritrovato oltre la curva, al di la della pozza. Non so quale sia stato il movimento decisivo, ma un attimo prima ero semisoffocato con il viso immerso nell’acqua, un attimo dopo ero oltre l’ostacolo. Mi è successo varie volte di scoprire come, in talune circostanze estreme, vi siano energie e risorse latenti che non ti aspetti di avere ma che, all’ultimo momento, sono proprie quelle decisive.
Di questo strano fatto abbiamo riso a lungo, ma vi assicuro che quei 15 secondi in acqua, senza respirare ed impossibilitato ad uscire, sono stati – forse – i quindici secondi più lunghi della mia vita. Se non ne siete convinti, vi sfido ad una prova che potete fare anche stando comodamente a casa vostra: mettetevi a testa in giù, con le mani bloccate, la faccia in un secchio d’acqua e cominciate a contare. Sono convinto che alla fine converrete anche voi che, in certe situazioni, anche 15 secondi possono risultare lunghi come un’eternità …

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posted by Paolo at 18:15 | 0 comments