domenica 22 febbraio 2009
Dopo un pomeriggio di lavori a SMM, ci siamo trovati, io e Marco, davanti a qualche bel bicchiere di Spritz Aperol ed abbiamo chiacchierato di speleologia e della nostra personale visione su questo argomento.
E’ stato veramente interessante. Abbiamo parlato delle grandi potenzialità che può offrire l’attività speleologica agli appassionati, che - se attenti - possono venir coinvolti in meccanismi e ragionamenti affascinanti e seducenti.
Lo studio delle grotte permette di immergersi nelle ere geologiche, che durano milioni di anni. Lo studio delle cavità artificiali comporta, invece, il confrontarsi con gli ultimi millenni di storia. Due scale temporali diverse, ma entrambe interessanti e degne di attenzione. Se consideriamo la chiave di lettura che ruota attorno alla continua modificazione a cui viene incessantemente sottoposto il territorio (e qui emerge l’anima del geografo che è sempre presente in tutti gli speleologi), possiamo vedere come, seppur con ordini di tempo completamente diversi, il ragionamento sia - alla fine - sempre lo stesso. La natura ha modificato il territorio (in particolare se in presenza di rocce carbonatiche e carsificabili) con l’azione dell’acqua, lo scavo di grotte, la creazione di solchi fluviali, di doline, di polje, ecc. Con occhio attento ed un po’ di preparazione è facile leggere questi segni ed ogni panorama diventerà allora un’immagine non statica ma dinamica: quello che si vede oggi è semplicemente il risultato della “sottrazione” di qualcosa, del lavoro costante ed inarrestabile dell’acqua (e non solo…), che ha scavato, piallato ed inciso il terreno sul quale scorreva. Fenomeni lunghi milioni di anni, ere geologiche per noi difficilmente comprensibili nella loro reale durata, cicli lenti ma inesorabili.
Allo stesso tempo, sempre in un’ottica di modificazione del territorio, anche l’azione antropica ha lasciato il suo segno. L’uomo, da quando ha deciso di fondare i suoi primi insediamenti stabili, ha iniziato a scavare canali, costruire edifici e strutture, a realizzare terrapieni, a trasformare paludi e terreni sassosi in campi da coltivare. Per quanto riguarda la speleologia, poi, l’uomo ha iniziato anche a scavare cavità artificiali con varie morfologie e per varie motivazioni. La scala cambia, i milioni di anni diventano millenni, ma il concetto di base rimane lo stesso: il territorio che vediamo oggi è semplicemente la conseguenza dell’azione di grandi ed innarestabili forze (quelle naturali) e di piccoli e circoscritti interventi (quelli umani) che hanno plasmato le pianure, le colline, gli altopiani (in particolar modo quelli carsici) e le montagne, fino ad arrivare al panorama che possiamo vedere oggi. Ma questi meccanismi sono ancora in azione. Siamo sempre in una fase di transizione, domani sarà già cambiato qualcosa. Noi, piccoli uomini, abbiamo facilità a riconoscere i minuscoli interventi (è sempre una questione di scala…) legati alle necessità della vita quotidiana, la nuova strada che viene costruita, la nuova galleria, il nuovo edificio, ma dobbiamo pensare che queste modificazioni del territorio sono ben poca cosa (e di durata totalmente trascurabile) rispetto ai fenomeni della modellazione naturale.
Speleologicamente parlando, c’è poi da considerare anche l’elemento non trascurabile dato dalla presenza dell’uomo, che inizialmente ha utilizzato le grotte come ricovero e abitazione, e che molti secoli dopo ha esplorato le stesse grotte domandandosi cosa potesse nascondersi nel buio delle caverne e affrontando l’ignoto in tempi nei quali le conoscenze e le tecniche di progressione erano certamente ben diverse da quelle disponibili oggigiorno. Nel caso delle cavità artificiali, è stato addirittura l’uomo che, ad un certo punto, ha deciso di scavare un passaggio, un pozzo, una cantina profonda perché, anche se questo comportava fatica (e quindi un costo) valeva comunque la pena di ricavare ed utilizzare quel piccolo pezzetto di roccia “piena” trasformandolo in un “vuoto” accessibile e disponibile. L’uomo ha poi frequentato e “vissuto” questi vani sotterranei ed è estremamente stimolante visitare una cavità artificiale pensando a quelli che sono passati prima di noi, cercando di immedesimarsi in chi questi ambienti non li percorsi per capire e conoscere, ma solo per rispondere ad elementari esigenze di vita e di lavoro.
Dopo l’ultimo bicchiere, ci siamo salutati, io e Marco, convinti che la speleologia sia proprio una gran bella attività, ricca di spunti, di possibili considerazioni e – talvolta – di strani pensieri. Ho quindi ritenuto utile fissare questi concetti in un appunto, che è quello che vi propongo oggi.
Buona speleologia a tutti.

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posted by Paolo at 10:56 | 0 comments
lunedì 16 febbraio 2009
Su segnalazione di Federico, ho recuperato un altro film che è stato girato in grotta, anche se in questo caso l’ambiente sotterraneo si limita ad essere un semplice contorno indefinito, che si intravede appena, di una vicenda truculenta che si svolge per lo più nel buio più profondo. Il titolo è chiaro “The cavern” (2005) ed il regista è un certo Olatunde Osunsanmi.
Bisogna dire che rispetto a “The descent” e “The cave”, questo film è sicuramente il peggiore, con pochi effetti ed una costruzione complessiva alquanto inadeguata. Ma vediamo alcuni aspetti curiosi di questa produzione. Il tutto si svolge in Russia, e più precisamente nel Kyzyl Kum Desert (??), ed i protagonisti sono “speleologi professionisti” americani. L’attrezzatura personale è scarsa, anche se la modernità traspare dall’uso dell’illuminazione elettrica sul casco. Per i dislivelli verticali si usano le corde, ma ogni membro della spedizione utilizza un discensore diverso, nessuno di tipo speleologico. Interessante il fatto che, non appena terminata la discesa, invece di gridare il consueto “libera” viene urlato “via alle corde”, espressione alquanto strana. Vi è poi da osservare che alcuni speleo hanno portato con se anche delle pistole, ma questa circostanza - pur se improbabile - è comunque funzionale alla trama del film.
Merita anche soffermarsi su alcuni dialoghi, che risultano estremamente interessanti. Ad esempio, alla domanda “Cosa c’è nel sottosuolo?” la risposta è “Nelle grotte c’è qualcosa di vivo, c’è qualcosa la sotto con la quale se siamo aperti possiamo connetterci”. Curioso ed intrigante. “Perché si va la sotto, allora?” La risposta del capo spedizione è: “Mi piace esplorare, tutti sanno come sono le montagne più alte, i mari più profondi, ma le grotte sono l’ultima frontiera inesplorata della terra, non c’è nulla di più eccitante”. Ovviamente, di situazioni eccitanti, i protagonisti, ne troveranno a sufficienza ed avranno occasione di incontrare anche un essere oscuro, mostro cattivissimo oppure lui stesso vittima di un destino crudele? Non anticipo altro. Vi dico soltanto che alla fine, le due uniche speleologhe donne, si trovano nude nella caverna e …
Si tratta di un orror dalla fotografia insulsa, attori scarsi, trama deludente e finale banale. Se non l’avete visto, non avete perso niente.
Per finire una piccola anticipazione: sta per uscire “Descent 2”, chissà se sarà migliore del primo??

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posted by Paolo at 12:19 | 1 comments