lunedì 21 luglio 2008
Se ne parlava già da un po’ di tempo, ma non è sempre facile mettere d’accordo tante persone su una data. Poi, è stato deciso che domenica 20 luglio poteva essere il giorno giusto: chi c’è c’è, chi non c’è peggio per lui.
Alla fine ci siamo trovati in 7, obiettivo dell’escursione la cima del monte Freikofel. Preciso che si tratta di una semplice passeggiata in montagna, con bei panorami sulle valli vicine. L’interesse che mi lega a questa cima, però, è quello riguardante le tante opere militari risalenti alla Prima Guerra Mondiale, di superficie e sotterranee, che caratterizzano questo cucuzzolo di roccia. Negli anni 2001/2002 la SAS ha lavorato in questa zona, rilevando manufatti e gallerie, e mi piaceva l’idea di mostrare ai giovani consoci quest’area che ha visto, nel passato, l’impegno del nostro sodalizio.
Il tempo non è stato certo ottimale, con cielo nuvoloso, nebbia, vento e temperature non molto alte, ma almeno non abbiamo avuto il sole cocente che altre volte ho “provato” su questa montagna.
Lasciate le automobili presso la casa cantoniera posta lungo i tornanti che conducono al Passo di Monte Croce Carnico, abbiamo preso il sentiero CAI n. 401 e ci siamo diretti verso la sagoma del Freikofel che, una volta superata la Casera Pal Piccolo, è apparsa in lontananza. Non mi dilungherò su tutte le cose che abbiamo visto, ma devo dire che ho potuto constatare come negli ultimi anni i volontari dell'Associazione Amici delle Alpi Carniche abbiano fatto un gran lavoro, di fatto rendendo irriconoscibili certi angoli fortificati che sono stati completamente ripuliti e svuotati dai detriti accumulatisi negli ultimi novant’anni.
Ovviamente, abbiamo dato la precedenza alle opere sotterranee e devo dire che ho rivisto con piacere sia la “Galleria 1° sulla vetta del monte Freikofel” (n. CA 589 FVG-UD) che la “Galleria 1° in località Selletta Freikofel” (n. CA 592 FVG-UD). In particolare, di quest’ultima cavità ho apprezzato il passaggio detto a “S”, un tratto verticale che unisce due livelli che ricorda una scala a chiocciola, con tanto di scalini scalpellati nella roccia per un suo più sicuro superamento.
Il ritorno ci ha visti sbagliare sentiero ed abbiamo dovuto allungare di un po’ la strada che ci ha ricondotto alle macchine. Complessivamente una bella gita. Da parte mia ho apprezzato sia i posti visitati che la compagnia, un bel gruppo di giovani che riesce sempre a farmi sentire un po’ meno “anziano” di quello che sono.
A questo punto, speriamo di organizzare al più presto qualche altra gita a quelli che sono stati i terreni d’azione della SAS in regione.
Le due immagini ripropongono l’interno di due cavità artificiali presenti nei pressi della vetta del monte Freikofel (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 19:20 | 0 comments
sabato 19 luglio 2008
Qualche volta è andata bene, in molte altre occasioni no. Nel caso degli ultimi lavori di scavo che abbiamo intrapreso, è andata al meglio di ogni previsione.
A questo punto devo ritornare un po’ indietro e spiegare di che cosa sto parlando. Da due settimane abbiamo avviato uno scavo per collegare fra di loro due complessi sotterranei. Avevamo qualche indicazione descrittiva basata su vecchie testimonianze e qualche ipotesi costruita per lo più con la logica ed il buon senso, ma non c’era alcuna garanzia che alle teorie corrispondesse qualche certezza. Non rimaneva, quindi, che iniziare l’indagine diretta. Inizialmente abbiamo operato dall’esterno con l’utilizzo di mezzi pesanti e, nonostante la rapidità con cui siamo scesi in profondità, dalle prime fasi dei lavori è emersa, purtroppo, una situazione che non solo si scontrava con le nostre speranze, ma addirittura portava a conclusioni molto diverse: invece di trovare un passaggio antico ostruito, abbiamo trovato un “moderno adattamento” che aveva creato, circa 65 anni fa, un’uscita di sicurezza per un rifugio antiaereo.
E’ stato così necessario affrontare lo scavo da un’altra parte, per appurare se la galleria era veramente esistita. Questo fine settimana è stato, quindi, il momento delle verifiche. Ieri, dopo alcuni sondaggi, abbiamo rintracciato la sagoma di una volta sulla parete del sotterraneo, per cui siamo giunti alla conclusione che - originariamente - i lavori di realizzazione della galleria erano stati effettivamente avviati. Oggi, continuando con la disostruzione, abbiamo invece accertato che la galleria è stata realmente completata, che - in un secondo tempo - la stessa è stata effettivamente ostruita per evitarne il transito e che un tratto di questo passaggio è ancora esistente.
Immaginate la mia soddisfazione quando, dopo che i “colleghi” hanno lavorato per alcune ore con il martello demolitore, mi sono avvicinato al muro che ostruiva il passaggio con una semplice mazzetta ed una punta. E’ bastato un colpo ben assestato, una pietra è caduta e, dall’altra parte, è apparsa una galleria che si dirigeva esattamente nella direzione che avevamo ipotizzato.
Certo, rimane ancora un certo lavoro da fare, bisogna allontanare il riempimento di materiali che è presente nella galleria e bisogna ancora abbattere una parete di recente costruzione che per il momento occlude - da una parte - il cunicolo, ma quello che conta è che la galleria c’è, che le teorie che avevamo elaborato si sono dimostrate vere e che, con un po’ di impegno, il collegamento sarà alla fine riaperto.
Per festeggiare il ritrovamento abbiamo fatto un brindisi con dell’acqua minerale ed ora siamo pronti per continuare nei lavori. A presto ulteriori aggiornamenti sul cantiere.
Nella foto si intravede la sagoma della galleria in questione (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 18:11 | 0 comments
giovedì 17 luglio 2008
Ho già parlato di strettoie (1 e 2) e di come, talvolta, sia veramente arduo progredire in ambienti angusti. Pensando a questo argomento e rivangando nella memoria, mi sono venute alla mente delle altre situazioni che avevo dimenticato (o forse più semplicemente rimosso…), come l’entrata dell’abisso K27 sul Pic Majot (n. 2757 FR), una strettoia a forma di “S” che mi rammenta dolorosi ed estremi contorcimenti. Ma c’è anche il passaggio all’ingresso dell’abisso Pack Man (sempre in Canin, n. 2889 FR), degno accesso ad una grotta interessantissima, ma franosa e “strana” nella sua parte iniziale.
Mi è venuta alla mente, però, anche un’immagine lontana ma perfettamente nitida, risalente a più di 20 anni fa. Eravamo a Pradis, area carsica del Friuli posta nei pressi del paese di Gerchia. Si visitavano, rilevandole, varie grotte che conoscevamo già da tempo, fra le quali un grazioso meandrino che si dipartiva ai bordi di una dolina. L’ingresso era bassetto e strettino, ma all’interno la cavità si allargava. Sempre con morfologia a meandro, dopo una decina di metri, bisognava affrontare un saltino di 5 m, per poi proseguire fino alla base di un ampia colata calcitica che decorava la parete di destra. La cavità continuava con una stretta fessura sul pavimento, che scendeva qualche metro e sembrava condurre ad una piccola saletta. Ricordo che consideravamo molto interessante questa grotta perché poteva rappresentare un ingresso più comodo alla quasi sottostante Fossa di Noglar (n. 243 FR) e quindi il forzamento della strettoia era un obiettivo di particolare importanza. In molti sono giunti fino a quel punto per osservare la fessura nella roccia, ma quasi tutti si sono voltati ed hanno considerato impossibile un suo superamento. Qualcuno ha anche cercato di infilarsi, ma senza alcun risultato: dopo pochi centimetri si rimaneva inesorabilmente incastrati e senza alcuna possibilità di proseguire. Un giorno, però, sono entrato in quel meandro (conosciuto presso il Catasto come Meandro a Sud di Battei - n. 1516 FR) in compagnia di Bobo, abile speleologo allora della SAS, detto anche Barbier o Brivec (non dirò di più perché non vedo l’amico da tanto tempo e quindi non so se sia contento di essere identificato. Ah, maledetta privacy...).
Rimane il fatto che Bobo ha guardato la strettoia e quindi ha iniziato a spogliarsi. Un primo tentativo è stato fatto togliendosi solamente il casco e l’attrezzatura speleologica. Non essendo sufficiente, è stato effettuato un secondo tentativo cavando la tuta e rimanendo in sottotuta, ma anche questa soluzione si è rivelata insufficiente, per cui è stato tentato il tutto per tutto. Bobo si è preparato ed è rimasto in mutande e trombini, un immagine “agghiacciante” a causa della ruvidità delle pareti di roccia, del velo d’acqua che le ricopriva e del freddo che regnava sottoterra. Ci sono voluti vari minuti di contorcimenti e di sforzi, ma alla fine Bobo è passato. Guardando la strettoia dall’alto ho pensato che era praticamente impossibile che l’amico riuscisse a risalire quel passaggio estremo e verticale, ma l’emozione di poter sapere cosa si celasse oltre la fessura era troppo forte, per cui ho rimandato a dopo le preoccupazioni. Purtroppo, passata una saletta con un laghetto e ricca di varie concrezioni, la cavità chiudeva inesorabilmente, quindi non rimaneva che risalire. Ci sono voluti forse 20 minuti per riuscire a superare la strettoia in salita: Bobo spingeva, si incastrava, si modellava alla roccia. Io tiravo e speravo che non succedesse nulla di irreparabile. Ma alla fine l’amico è uscito, splendido nella sua tenuta speleologica “essenziale”.
Bobo è più basso di me, ma allora non era particolarmente magro: come sia passato per quella fessura rimane per me un mistero che si scontra con le più elementari leggi della fisica. Si vede che quando uno speleologo è veramente motivato ed illuminato dalla “furia esplorativa” acquisisce possibilità e caratteristiche che normalmente sono precluse al genere umano…
Non ho, sfortunatamente, una foto che documenta il passaggio della fessura, ma l’immagine che vedete ritrae l’imbocco dello stretto meandro teatro dell’avventura (Foto SAS).

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posted by Paolo at 18:23 | 0 comments
lunedì 14 luglio 2008
Nella mia vita speleologica ho intrapreso varie volte degli scavi e delle disostruzioni. In molti casi si è trattato di grotte carsiche, nelle quali cercavamo di entrare o di proseguire, e ricordo le tante ore di lavoro a rompere pietre, a caricare secchi ed a trasportare il tutto all’esterno. In altre occasioni si è trattato, invece, di cavità artificiali: stesse procedure e stessa fatica, solo applicate a strutture molto diverse dovute all’azione diretta dell’uomo.
Il salto qualitativo c’è stato, però, quando è stato possibile utilizzare attrezzature più moderne e performanti, come martelli demolitori, paranchi ed argani elettrici, nonché altre soluzioni dall’azione violenta e dirompente.
Operando nelle cavità artificiali, in realtà, non è mai stata troppo importante la “forza” dello scavo, in quanto non ci sono strettoie fa allargare nella viva roccia. E’ invece fondamentale quella che si può chiamare la “resa oraria” nell’allontanamento dei materiali, ovvero quanti metri cubi di detriti possono essere asportati giornalmente quando si opera all’interno di vani sotterranei completamente riempiti nel corso dei secoli.
Il lavoro, in questi casi, viene fatto normalmente a mano, armati di pale, secchi e tanta buona volontà.
Immaginate il mio entusiasmo quando, nei giorni passati, ho avuto la fortuna di partecipare ad uno scavo che ha visto, invece, la fondamentale partecipazione di una pala meccanica.
Non vi rivelerò l’esatta posizione del cantiere (chi ha partecipato, ovviamente, lo sa già…), ma vi anticipo che si tratta di svuotare un passaggio di collegamento fra due sistemi di vani ipogei. Operando a mano, sono stati ipotizzati almeno 2 mesi di lavoro; con l’utilizzo della piccola pala meccanica cingolata, in mezza mattinata sono stati estratti tanti detriti da riempire tre camion di media grandezza.
Personalmente, l’unica sensazione provata è stata quella di puro godimento. La terra e le pietre salivano velocemente e, una volta scaricate in carriola, solo pochi metri ci dividevano dal pianale del camion. Rapidità, efficacia ed efficienza. Un gran bel lavorare.
Stiamo ancora analizzando i dati di questa primissima fase dello scavo, ma certo, se i lavori proseguiranno con questi ritmi, il risultato finale non tarderà ad arrivare.
Ovviamente, ringrazio chi ha reso possibile l’utilizzo delle attrezzature e chi ha coordinato così validamente i lavori. A presto per un aggiornamento sull’evoluzione di questo interessante progetto di scavo e di ricerca.

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posted by Paolo at 21:49 | 1 comments