martedì 23 giugno 2009
Agli inizi degli anni ’80, c’era un grande fermento in campo speleo/alpinistico: alle attività rigidamente catalogate presenti fino allora, si stavano affiancando una serie di nuove discipline parallele, come il torrentismo, l’arrampicata su ghiaccio, la progressione in artificiale (si spittava qualsiasi strapiombo…) o l’arrampicata libera, che era qualcosa di completamente diverso rispetto all’alpinismo classico di montagna. Chi era giovane, sperimentava tutte le specialità che si proponevano e questo desiderio di provare coinvolgeva anche i vari sport della neve. Si girava per i boschi con le ciaspe, si usciva fuori pista con gli sci, si provavano nuove tecniche (come ad esempio il “monosci”, oggi completamente dimenticato ma vero precursore dello snowboard). Una disciplina, alquanto estrema, che allora aveva preso piede era anche lo “sci ruvido”. Si trattava, semplicemente, di scendere ripidi pendii con gli sci, ma in completa assenza di neve. Si sciava quindi sui ghiaioni, sull’erba, fra le pietre, con salti e volteggi che io ho considerato sempre estremamente pericolosi. Come avrete capito, questa non è stata una disciplina di discesa che ho abbracciato (non sono mai stato un grande sciatore), ma mi sono sempre divertito a fare foto ai miei amici sui pendii del Carso.
Curiosamente, non solo ho visto pochissimi feriti ma anche i materiali (vedi sci) si deterioravano molto di meno di quanto ci si possa immaginare….
La foto ritrae un socio SAS (non riporto il nome per motivi di privacy, ma penso che il soggetto sia facilmente identificabile) mentre balza coraggiosamente lungo i ghiaioni della Val Rosandra. Se oggi qualcuno facesse la stessa cosa, verrebbe chiamata immediatamente la Polizia, per l’immediato arresto del “pazzo scatenato”…

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posted by Paolo at 09:34 | 0 comments