domenica 4 marzo 2007
Continuiamo a parlare di percezioni in grotta, affrontando, questa volta, l’aspetto prettamente tattile. Rileggendo le righe che ho scritto, mi sono accorto di aver raccontato del potere quasi terapeutico che si può sprigionare nel prendere in mano un piccolo sasso. Ripensandoci, avevo già parlato di questo aspetto in un altro racconto scritto nel 2005. Si vede che questo è un tema al quale sono particolarmente affezionato.
Con materialità si intende la "qualità di ciò che è percepibile con i sensi". In particolare, voglio parlare di come una grotta possa essere sentita con il tatto, di come l’essere all’interno della roccia comporti inevitabilmente la presenza di una superficie complessa che divida il pieno dal vuoto. Tale superficie, seppur modificata ed integrata dai sedimenti e dalle concrezioni, può essere percepita anche nella sua materialità. L’andare in grotta comporta una serie combinata di sensazioni (suoni, odori, sapori e visioni), ma nulla risulta più diretto ed immediato del toccare la grotta. Ovviamente non si può tastare la cavità nel suo complesso (troppo vasto ed articolato), ma si può accedere al particolare. Ogni speleologo penso, prima o poi, si è fermato un attimo a sfiorare con le dita una piccola concrezione, un cristallo di calcite, una piccola vaschetta ricolma di pisoliti. Questo ti fa sentire più vicino al grande mistero della creazione dei mari, delle terre e dei suoi vuoti. In questo caso, entriamo nel campo dell’estetica naturale del dettaglio, della bellezza che può essere trovata nel particolare inteso come parte infinitesima di un più ampio fenomeno geologico. Qualche volta penso che, nella nostra epoca fatta di velocità e vacuità, possa far bene sedersi un momento per terra e prendere in mano un semplice sasso che, pur di ridotte dimensioni, ti faccia sentire giustamente piccolo in confronto a quello che ti sta attorno. Un semplice sasso che possa sbatterti in faccia l’inutilità dell’affannarsi a perseguire obiettivi che, in fin dei conti, sono ben poca cosa rispetto alle montagne, ai mari, ai fiumi e - perché no - alle grotte che si sprofondano da millenni e millenni nel buio del sottosuolo…
(Foto Guglia)
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