sabato 3 marzo 2007
Qualche volta mi sento romantico. Sarà forse per il mio carattere o per la mia assidua frequentazione del mondo naturale legata alla passione speleologica, ma ci sono delle cose che ancora mi fanno commuovere. Cose piccole che normalmente si trascurano, come un fiore colorato o un minuscolo insetto dalla corazza luccicante. Oppure cose grandi, come sono grandi certi panorami mozzafiato delle nostre montagne.
Vorrei raccontarvi di un piccolo fatto successo molti anni fa, che emerge per la sua semplicità fra i tanti altri avvenimenti che invece - chissà perché - ho dimenticato. Eravamo in Canin e si esplorava l’abisso denominato fantasiosamente “Pac-Man”. Siamo entrati di sabato, nel tardo pomeriggio, e per rilevare i meandri prima della grande caverna finale abbiamo impiegato varie ore. Poi la risalita, le strettoie vicino l’ingresso e finalmente fuori. Saranno state le 4 del mattino e la notte stava cedendo lentamente il passo alle prime luci del crepuscolo. C’erano due possibilità: o ci si portava velocemente al rifugio, per cercare di dormire e recuperare subito le ore perse, oppure si rimaneva a vedere il sorgere del sole. Nonostante il mancato sonno mi stesse letteralmente massacrando (è uno dei miei piccoli difetti, per il quale mi sono trovato a dormire in piedi, con il casco appoggiato alla parete, in varie grotte italiane) io ho comunque deciso per quest’ultima opzione. Trovato un bel roccione dominante tutta la valle, ci siamo seduti con lo sguardo rivolto ad est, in attesa dell’alba. Dopo qualche indecisione, una linea di luce orizzontale, intensa e di color arancione, si è stagliato nitida sullo sfondo ancora scuro, proprio alle spalle del Mangart. Questa linea si è poi via via dilatata, creando alcuni raggi luminosi che si sono espansi in tutte le direzioni. A questo punto, lentamente, è spuntato il sole. Inizialmente solo un punto più luminoso fra due cime, poi fonte sempre più intensa che alzandosi ha irradiato tutte le montagne circostanti. Infine, un chiarore fulgido che ha definitivamente illuminato il limpido giorno che stava iniziando.
Sono cose normali, ogni giorno nasce il sole, ma in città non c’è più tempo per questi dettagli. Anche volendo, molto spesso il panorama è limitato dai palazzi e l’atmosfera, pesante di gas di scarico, annebbia tutto quanto.
Quell’alba in montagna, dopo la fatica della grotta, sapeva di pulito, di natura, di forza …
Non è certamente una cosa eccezionale: chiunque frequenti le montagne ha avuto l’occasione di vedere spettacoli di questo genere. Ma fra i tanti sorgere del sole ai quali ho assistito, questo è un punto fisso nella mia memoria. Sarà stato perché ero stanco e forse il sonno arretrato mi ha giocato un brutto scherzo, ma in quel momento mi è sembrata la più bella, straordinaria, speciale alba della mia vita. Poi, si è trattato solamente di strisciare verso il rifugio, infilarsi ancora sporchi di fango in un sacco a pelo e cercare di recuperare le forze, possibilmente in tempo per la discesa ed il mesto ritorno verso Trieste.
(Foto Guglia)
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