domenica 9 agosto 2009
Mi è sempre piaciuto arrampicare, non sono mai stato un fuoriclasse, ma le mie soddisfazioni me le sono prese, sia in montagna che in falesia. Ho sempre preferito le vie non estremamente difficili, perché penso che superare una parete sia un piacere e non una sofferenza. Ho cercato, invece, le salite esteticamente particolari, con grandi panorami e con un ambiente fatto di rocce che mi dicevano qualcosa.
Facendo un po’ di calcoli, ho realizzato che sono circa 15 anni che non arrampico, sia per motivi di famiglia, sia perché ho sempre pensato che la compagnia sia fondamentale in questa attività: va bene il posto, va bene la via ma tutto dipende con chi sali. E se non hai i compagni giusti, è meglio lasciar perdere.
Hanno, a mio parere, una grande importanza, le discussioni fatte alla base della parete, le chiacchiere scambiate su qualche terrazzino ben strapiombante, gli scherzi e le risate quando ti incasini e non riesci a muoverti magari su quel passaggio facile di 3° grado…
Tutto questo preambolo perché oggi, approfittando della bella giornata, sono andato a fare una passeggiata dalle parti di Santa Croce. Ho fatto qualche bella foto agli edifici dei nuovi filtri (quelli costruiti nel 1900 a potenziamento dell’acquedotto di Aurisina), ho camminato un po’ per i sentieri della zona, finché non ho incontrato Gubi e Sid che erano in zona per arrampicare. Ovviamente non si è trattato di una caso fortuito, in quanto sapevo che probabilmente li avrei incontrati da quelle parti, anche prima che mi arrivasse un messaggino di conferma. Ho potuto così vedere i miei giovani consoci cimentarsi in qualche breve salita sulle pareti attrezzate proprio sopra la linea ferroviaria, sotto il paese di Santa Croce. Vie che mi sono sembrate relativamente facili ed abbordabili, meno un tettino ed alcune placche che mi hanno ispirato una certa difficoltà.
Ho anche avuto una mezza idea di portare le scarpette (che ho ritrovato qualche settimana fa dopo anni di inutilizzo), ma per questa volta ho preferito solo guardare. Ho così potuto osservare che le attrezzature sono un po’ cambiate: la corda di 60 m ai miei tempi non si usava (non più di 40 m) ed anche i mezzi di sicura non sono più gli stessi. Per il resto, invece, tutto è rimasto eguale: il rito dell’indossare le scarpette, il legarsi attentamente alla corda, il fissare i moschettoni all’imbrago e partire, cercando di leggere la roccia e trovare la via più facile di salita…
Un po’ di nostalgia, ma la prossima volta prometto che porterò le scarpette e se troverò qualcuno disposto a farmi sicura, proverò qualche passaggio. Il mitico Riccardo Cassin (morto proprio qualche giorno fa) ha arrampicato su vie di una certa difficoltà fino ad oltre 80 anni e perché non posso farlo anch’io? Manca l’allenamento, gli acciacchi si fanno sentire, ma fino al 4° grado penso di riuscire a passare ancora. Certo, qualcuno mi dirà che oggi il 4° grado è cosa da femminucce, ma io sono ancora attaccato alla vecchia codifica. Trenta anni fa il massimo raggiungibile era il 6° grado e chi si avvicinava a queste difficoltà era bravo. Non è certo colpa mia se qualche “drago” è arrivato oggi a superare il 9° grado…

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posted by Paolo at 16:40 |


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