venerdì 12 ottobre 2007
Ho scritto recentemente (1) - (2) della mia esperienza sull’altopiano di Astraka, durante la visita alla grotta denominata Provatina. Ho parlato del lungo avvicinamento, della ricerca e della discesa nella profonda grotta, nonché delle varie e strane vicissitudini che hanno caratterizzato quell’uscita. Rileggendo il tutto, però, mi sono accorto di non aver accennato ad una particolare circostanza occorsa durante il ritorno al paese di Papingo. Per essere autonomi per tutto il tempo necessario, avevamo vari sacchi con i materiali da campo, le tende, i sacchi a pelo ed i viveri. Ovviamente avevamo anche tutte le attrezzature per armare la grotta: corde, placchette, moschettoni, ecc. Si trattava, quindi, di un bel mucchio di tubolari in PVC, ben compressi ed abbastanza pesanti. In andata ci siamo fatti aiutare, inizialmente, da un simpatico somarello, che si è caricato sul basto vari sacchi. Poi, quando è iniziato il terreno innevato, abbiamo dovuto dividerci il carico e caricarselo in spalla. Ricordo come estremamente faticosa la salita dei vari canaloni fino alla sommità dell’altipiano, anche se devo dire che la neve primaverile era comunque ben salda e compatta. Qualche giorno dopo, completata la visita alla grotta e ricaricati i materiali in spalla, abbiamo iniziato la lenta discesa verso valle. Si trattava di ridiscendere lungo i vari pendii di neve, fino a raggiungere il sentiero che ci avrebbe portato, in non più di un’ora di cammino, al paese ed alle automobili che ci stavano aspettando. Ovviamente è stata adottata ogni soluzione per risparmiare la fatica e preservare le poche energie rimaste ed è così che è stata utilizzata la tecnica della “discesa su sacco”. Non si è trattato sicuramente di una metodologia inedita ed ho letto di altre spedizioni che, al momento della discesa, si sono sbizzarrite in soluzioni di “scivolamento frenato”. Noi, semplicemente, ci siamo seduti ognuno sul proprio sacco e, a cavallo di questo, siamo scesi velocemente verso valle. Devo dire che la qualità della neve, la pendenza dei canaloni, le caratteristiche del sacco, il peso degli speleo, hanno rappresentato un mix di condizioni ideali per una discesa rapida e costante, ma - nel contempo - sempre controllata e sicura. Con questa tecnica ci siamo risparmiate varie centinaia di metri di discesa a piedi, giungendo ben presto al sentiero sottostante.
La giornata era splendida con cielo sereno, sole luminoso ed un panorama aperto e limpido. Quella veloce discesa fra i monti del Pindo, rappresenta per me un ulteriore ricordo positivo di quell’interessante uscita svolta nel 1981 in terra di Grecia.
Non possedendo immagini della discesa, allego quindi una foto relativa alla salita verso l’altopiano innevato di Astraka (Foto Guglia).
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