domenica 7 gennaio 2007
Sono ritornato nell’abisso di Trebiciano. Come avevo già precisato, è passato un po’ di tempo dall'ultima mia visita a questa grotta che, negli anni passati, ha visto invece una mia notevole ed entusiasta frequentazione.
L’occasione è stata quella della raccolta di dati da uno strumento posto lungo i pozzi ed i compagni di discesa sono stati due miei vecchi amici e colleghi, Aldo Fedel e Fabio Vatore.
Devo dire che la cavità si è presentata esattamente come me la ricordavo, forse solo con qualche cavo elettrico in più che la percorre. Un po’ di impressione l’ho avuta dalle scale metalliche che permettono di scendere lungo i pozzi: devo confessare che me le ricordavo più massicce e mi sono sembrate, quindi, un pelo “leggerine”. Ma reggono alla perfezione, perciò è solamente una mia impressione. Abbiamo disceso i primi sette pozzi e siamo quindi proseguiti lungo la caverna che si snoda sotto il cosiddetto “ponte del brivido”. Mentre Aldo armeggiava con lo strumento di misura, io e Fabio abbiamo fatto qualche foto e, personalmente, ho sperimentato una tecnica per me nuova che vede l'uso combinato di flash elettronici e di un faretto alogeno. I risultati sono stati mediocri, quindi bisogna ancora perfezionare tale metodo. La risalita si è svolta regolarmente e, gradino dopo gradino, mi sono venuti in mente i vari personaggi ed i singoli episodi che, nel corso della mia carriera speleologica, hanno caratterizzato questi pozzi. In particolare, ho anche riflettuto su una semplice constatazione: dieci anni fa non avrei neanche preso in considerazione una uscita all’abisso di Trebiciano che si fermi alla quota di meno 100, snobbandola come tempo perso. Oggi ho trovato, invece, soddisfazione e piacere scendendo solamente ad un terzo della grotta e ritornando all’esterno con calma e tranquillità. Gli anni passano e mutano di conseguenza anche gli schemi mentali e le aspettative. Devo però sottolineare che oggi ho avuto la possibilità di guardarmi attorno con attenzione, di vedere concrezioni che non pensavo esistessero in questa parte della cavità, di osservare le soluzioni tecniche adottate nella costruzione della ferrata e di cercare di individuare quei tratti di grotta nei quali i primi esploratori, 165 anni fa, si sono fatti largo a colpi di mina. Quand’ero giovane, questi dettagli non li notavo, in quanto bisognava scendere alla caverna Lindenr in poco più di mezz’ora, altrimenti dimostravi di non essere adeguatamente allenato. Ma i tempi, fortunatamente, cambiano e con l'avanzare dell’età si va in cerca – in grotta come nella vita – di cose diverse.
L’uscita è stata veramente piacevole, in compagnia di due persone che considero amici speciali. Quando il tempo lo permetterà, il prossimo obiettivo sarà quello di scendere al fondo della grotta, perché mi manca sempre un’immagine aggiornata del mitico Timavo. Speriamo succeda presto. (Foto Guglia)
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