venerdì 8 dicembre 2006

Sono passati undici anni dall'agosto del 1995 quando, nella lontana isola del Borneo, è avvenuta la scomparsa dello speleologo triestino Walter Maucci. La notizia è passata pressoché in sordina, quasi come logica continuazione di quel silenzio che si era creato negli ultimi anni attorno alla figura di questo importante ricercatore, ma il peso che questo studioso ha avuto nell'ambito della speleologia mondiale rende doveroso tracciare un suo ricordo per le attuali generazioni.
Nato a Vienna il 30 agosto 1922, Walter Maucci inizia, nel 1939, la sua attività speleologica nella Commissione Grotte dell'Alpina delle Giulie. Già in questi primi anni unisce all'attività esplorativa un'innata curiosità, che lo spinge ben presto alla ricerca dei meccanismi che hanno portato alla genesi delle grotte che sta visitando. Si laurea quindi a Torino con una tesi sul carsismo ed al 2° Congresso Nazionale di Asiago, nel 1948, presenta il primo contributo di una lunga serie di lavori dedicati al Carso triestino. Milita nella Commissione Grotte fino al 1951, ma già nel dicembre 1950 diventa uno fra i principali promotori della costituzione, in seno alla Società Adriatica di Scienze Naturali, di una Sezione Speleologica (in seguito Geo-speleologica). La sua concezione della speleologia si rivela fin dall'inizio estremamente chiara ed intransigente: essa deve rappresentare la fusione fra la ricerca ad alto livello e l'esplorazione estrema. E` sulla base di questi principi che Maucci porta avanti la sua ricca attività, fondendo strettamente ricerca ed esplorazione, e raggiungendo grandi risultati a livello nazionale ed internazionale. Poi, improvvisamente, abbandona lo studio del fenomeno carsico dedicandosi, dall'anno 1986, allo studio dei tardigradi diventandone, in brevissimo tempo, un esperto a livello mondiale. Maucci è stato un personaggio che ha ottenuto grandi consensi sia in Italia che in campo europeo e che, in un periodo ben preciso della storia speleologica nazionale, è diventato riferimento stimato in tutti gli ambienti scientifici. Professore di scienze naturali, grande comunicatore, studioso ed esploratore, scienziato più apprezzato altrove che nella sua città, Maucci ha portato Trieste ai vertici della speleologia italiana. Il fatto che oggi siamo forse più conosciuti per il “gran-pampel” che per l'attività svolta, dovrebbe farci sorgere qualche dubbio e spronarci ad un rinnovato impegno.

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posted by Paolo at 17:27 |


1 Comments:


At 19/12/06 10:53 PM, Anonymous Anonimo

Molto interessante! Ho notato pero' come su internet si trovi poco sulla vita di Maucci. E' un peccato: credo che la sua figura (assieme di certo ad altre che hanno avuto un riconoscimento sottodimensionato rispetto al contributo dato alla speleologia) possa fungere da sprone per avvicinare speleologi e naturalisti all'idea di speleologia come scienza.. per quanto selettiva, se non elitaria, possa essere.