mercoledì 17 gennaio 2007

Era il 1974. La Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze (ora Adriatica di Speleologia) aveva iniziato ad allargare le proprie attività esplorative verso il Friuli e più precisamente nella zona di Pradis Grotte.
Dopo alcune uscite preliminari, era stato deciso di procedere alla riesplorazione della grotta denominata Fossa di Noglar, sistema di gallerie pseudorrizontali interessate da vari corsi d’acqua, alle quali si accede attraverso un profondo pozzo verticale. Già allora c’era l’idea di poter non solo ampliare lo sviluppo della cavità, ma anche di riuscire a mettere in comunicazione la stessa con una vicina grotta denominata La Val (il collegamento è stato poi ottenuto dalla SAS nell’anno 1980).La nostra prima visita al Noglar è stata fatta da sei speleologi, guidati da Libero Degrassi. Dopo aver controllato la parte iniziale della grotta, si doveva risalire il pozzo d’accesso di circa 40 m. Allora si usavano ancora le scale ed il primo ad uscire, Massimo Halupca, ha pensato di salire per raggiungere un terrazzo a circa 6 m di altezza, senza collegarsi, però, alla corda di sicura. Dopo aver verificato che le scale fossero posizionate correttamente, Massimo è salito fin quasi sul terrazzo, ma ad un certo punto la scala ha ceduto. A causa del contraccolpo e dell’assenza della sicura, l’amico è quindi caduto rovinosamente fino alla base del pozzo. Ricordo ancora il tragico momento: nessuno aveva capito bene cosa fosse successo, ma Massimo era disteso fra le pietre e nell’acqua, dopo un volo di più di 5 m. C’è stato un attimo di panico, ma lentamente il ferito si è ripreso, accusando vari colpi a tutto il corpo ed un forte dolore alla schiena. Le operazioni per portarlo all’esterno sono state lunghe e complicate, ma alla fine siamo usciti tutti dalla cavità.
Considero questo fatto come un esempio della fortuna che spesso accompagna gli speleologi. Una manovra errata (la scala in realtà non era libera, ma risultava impigliata proprio in corrispondenza del terrazzino) che poteva trasformarsi in una tragedia, si è risolta in tanto spavento ed in una forte contusione, ben poca cosa rispetto a quello che poteva succedere realmente.
Massimo Halupca, in seguito alla caduta, ha sofferto per vari anni di dolori alla schiena, ma questo non ha impedito che diventasse un ottimo speleosub e che portasse a termine importanti esplorazioni subacquee in varie grotte allagate d’Italia.
L'immagine ritrae Max Halupca in risalita in un pozzo carsico (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 21:47 |


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