mercoledì 12 dicembre 2007
Marco guardò con sospetto l’ingresso regolare che si apriva nel muro davanti a lui. Era già attrezzato con tuta, guanti, casco ed opportuna illuminazione, ma non si decideva ad entrare. Sarà stato perché era solo, forse perché non aveva avvertito nessuno della sua improvvisa decisione di andare a dare un’occhiata a quel cunicolo che aveva intravisto qualche tempo prima, o forse era semplicemente colpa della giornata uggiosa che, con una leggera pioggerellina che cadeva insistentemente oramai da qualche ora, infondeva un vago ed indistinto senso di tristezza.
Si avvicinò all’entrata per osservare meglio il passaggio. Facendo balenare nel buio il fascio di luce della lampada, poté vedere solo alcuni metri della bassa galleria, appena percorribile, che si perdeva nell’oscurità. Non era paura quella che sentiva, solo un senso di incertezza, che non aveva mai provato prima. Nella sua testa risuonava, senza alcun motivo, una parola insistente, che si ripeteva ossessivamente: topo, topo, topo…
Cosa poteva significare? Marco non aveva mai avuto alcuna paura dei piccoli frequentatori dei sotterranei della sua città. Anzi, lui li considerava animaletti simpatici, curiosi e riservati, che non avevano mai creato problemi nel corso delle tante esplorazioni urbane.
Cercando di togliersi dalla testa quell’immagine insistente, Marco si inginocchiò per infilarsi nella bassa apertura.
Inizialmente il cunicolo si presentò abbastanza pulito e sgombro ma, avanzando, la presenza di detriti rese la progressione sempre più faticosa. Dopo qualche metro la sezione si restrinse ulteriormente, permettendo appena il passaggio.
Mentre procedeva, strisciando con la tutta sulle pareti, Marco sentì uno strano rumore ed ebbe la percezione che l’aria stesse diventando più densa e calda. Seguirono alcuni secondi di silenzio, poi - con una specie di brontolio - sembrò che la stretta galleria implodesse su se stessa.
Le pareti si disfecero, il soffitto crollò rovinosamente, il passaggio sotterraneo si chiuse inesorabilmente su chi lo stava esplorando.
Marco pensò subito che quella volta non ce l’avrebbe fatta. Percepì un anomalo peso sulle spalle e, al buio, sentì il fiato scivolare via nel fitto pulviscolo che lo circondava.
Che stupido finire così, che stupido infilarsi in quel basso passaggio senza controllare meglio la sua solidità, che stupido non prendere le opportune precauzioni. Ma la troppa sicurezza aveva fatto sottovalutare i possibili pericoli ed ora Marco ne pagava personalmente e pesantemente ogni conseguenza.
Era troppo presto per fare quella fine…
Marco, in un ultimo respiro, capì finalmente a cosa si riferiva quella bizzarra idea che l’aveva accompagnato per tutto il giorno: non certo all’incontro con qualche innocuo roditore abitante nel sottosuolo, ma all’appuntamento con il proprio destino, che gli aveva vigliaccamente riservato quella che viene comunemente chiamata “la fine del topo”…
Un sorriso si fece strada sulla faccia di Marco imbrattata di terra, mentre l’intera struttura collassava in un turbine di polvere e pietre.

Tratto da un pensiero cupo e triste (novembre 2007).

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posted by Paolo at 19:23 |


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