giovedì 8 novembre 2007

Oggi è un’attività di gran moda, classificabile a pieno titolo fra gli “sport estremi”, ma una volta era un passatempo riservato a pochi. Non esistevano manuali e guide, per cui bisognava ingegnarsi ed arrangiarsi da soli. C’è stato un periodo, nella prima metà degli anni ’80, nel quale la SAS si è dedicata a discendere varie forre, tutte poste nella vicina Carnia. Le uscite che ricordo con più nostalgia sono quelle che abbiamo fatto nella forra del torrente Cosa, nei pressi del paese di Pradis Grotte. La zona era a noi ben conosciuta, per le varie esplorazioni speleolgiche intraprese, e fin dalla prima volta abbiamo guardato con attenzione alla grande gola che incide il paesaggio. Una prima discesa è stata fatta seguendo i sentieri appena tracciati dai pescatori di trote, per giungere a rilevare una grotta che si apriva proprio alla base della forra, lungo il torrente. Quella visita ci ha permesso di osservare come, sia a monte che a valle del punto in cui eravamo discesi, il canyon si presentava stretto e particolarmente invitante.

Abbiamo così deciso di provare la discesa. Avevamo saputo che questa era già stata completata con successo da alcuni uomini della Commissione Grotte E. Boegan della SAG molti anni prima, per cui non si trattava di raggiungere alcun risultato particolare o esclusivo. C’era solamente il piacere della scoperta e l’entusiasmo di discendere in un ambiente aspro e selvaggio, non conoscendo quello che avremmo trovato. Abbiamo deciso di non entrare nella forra attraverso le strutture turistiche dell’Orrido Bianchini, che si trovano all’inizio della stretta gola, ma di seguire un ramo laterale, che presenta comunque vari salti ed un ambiente severo.
Il primo tentativo è stato fatto in modo molto tranquillo, scendendo lungo la forra laterale ed attrezzando i vari salti, il più alto dei quali raggiunge quasi i 40 m. Senza bagnarci siamo così arrivati alla gola principale che, in quell’occasione, abbiamo risalito per ritornare alle macchine.
La seconda volta, dopo aver percorso il ramo laterale, siamo scesi invece lungo la forra principale. Devo dire che, allora, davamo la precedenza più agli aspetti tecnici della discesa ed eravamo più attrezzati con corde, chiodi e moschettoni che con i materiali necessari per progredire nell’acqua fredda. Tutto si è complicato, infatti, quando l’attraversamento di varie e profonde pozze ha messo in difficoltà chi non era dotato dell’apposita muta. E’ stato così necessario trovare una via d’uscita lungo il versante sinistro della forra, che è stato risalito con una serie di arrampicate, alcune anche di una certa difficoltà.
Il terzo tentativo è stato quello definitivo. Scesi i vari salti laterali e seguito il torrente per tutto il suo percorso, attraversando vasche, cascatelle, strette gole e passaggi scivolosi, siamo giunti finalmente al lago Tull, dove il corso d’acqua si riversa in un invaso artificiale.
Questa discesa, anche se tecnicamente non risulta la più complessa fra quelle fatte, raccoglie tanti aspetti interessanti: difficoltà nel superamento dei salti verticali, passaggi con tanta acqua, una splendida natura selvaggia ed uno sviluppo complessivo che raggiunge i 5 km. Una bella esperienza, costruita con l’impegno e la voglia di stare assieme, da un gruppo affiatato di amici.

L’immagine ritrae il tratto iniziale della forra del torrente Cosa (Foto Guglia)

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posted by Paolo at 18:22 |


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