sabato 4 agosto 2007
Parlare di montagna in inverno, significa necessariamente anche parlare di sci. Ovviamente, nella maggior parte dei casi, si tratta di sci praticato in pista, ma - se sei abbastanza bravo - può trattarsi anche di sci-alpinismo. Io devo riconoscere che non sono mai stato un grande sciatore e che la mia tecnica ha lasciato spesso a desiderare, ma comunque ho affrontato, in compagnia di amici, anche svariate escursioni fuori pista. Ho salito montagne nelle vicine Alpi Giulie, ma ho anche seguito interessanti percorsi nelle Dolomiti.
Alcune belle escursioni le ho fatte, poi, nei dintorni del Rifugio Roma, nelle Vedrette di Ries. Ricordo una risalita al monte Nevoso ed una eroica ascesa al monte Magro. In quell’occasione il tempo non era dei migliori, c’era vento, nebbia e molto freddo. La salita, da affrontare con le pelli di foca, era alquanto ripida e, a causa del biancore della nebbia che si rifletteva sulla neve, non era possibile capire dove finisse la montagna e dove cominciassero le nubi basse. Con un po’ di fatica siamo arrivati sulla cima, dove una croce incrostata di ghiaccio segnava il punto più alto (3.273 m). La discesa ha permesso, fatto un dislivello di un centinaio di metri, di uscire dalla nebbia e di poter spaziare con la vista. Dopo una serie di ampie serpentine in una specie di anfiteatro, è stato possibile scendere in direzione del rifugio. Ricordo che la neve non era delle migliori, con continui sprofondamenti degli sci che sfondavano la crosta di neve ghiacciata. Non sono caduto, ma non mi stavo certo divertendo. Giunto oramai in vista del rifugio, nei pressi di un vecchio rudere, ho così deciso di togliermi gli sci e di fare a piedi quelle poche centinaia di metri che ci dividevano dalla nostra meta. Sganciati gli sci e fissati gli stessi allo zaino, sono partito in direzione del rifugio. Fatti pochi passi, ho avuto una spiacevole sorpresa: in prossimità del rudere la neve era ben ghiacciata e sosteneva tranquillamente il mio peso. Ad ogni passo che facevo allontanandomi, però, la tenuta diminuiva e sprofondavo sempre più in profondità. Ad una decina di metri ero già con la neve a mezza gamba, a venti metri ero immerso nella bianca coltre fino alla vita. Sono quindi ritornato mestamente al rudere, mi sono rimesso gli sci e, nonostante la difficoltà ed i relativi brontolamenti, sono sceso fino al rifugio Roma, dove mi aspettavano gli amici.
A parte qualche eccezione, devo dire che ho sempre apprezzato di più la salita con le pelli di foca, rispetto alla discesa con gli sci. Per questo motivo sono sempre stato deriso da tutti quelli (quasi tutti) che sciavano meglio di me e si godevano alla grande le meritate discese dopo la fatica della salita.
Nell’immagine si possono vedere Fabio e Francesco presso la cima del monte Magro (Foto Guglia).
Etichette: Altre attività