lunedì 9 aprile 2007
In questo caso, non si tratta di un vero e proprio incidente, ma di un breve momento di potenziale pericolo durato, fortunatamente, solo pochi secondi.
Dopo aver trattato di cadute, frane, scivoloni e rotture di materiali, ho pensato attentamente se ci fossero stati altri episodi in cui mi ero trovato coinvolto direttamente e che sarebbero potuti finire male. Dopo un piccolo sforzo mi è venuta in mente una vicenda che mi è accaduta durante la spedizione per il congiungimento della grotta del Noglar con la vicina La Val. Dopo qualche anno di tentativi, si era finalmente riusciti ad individuare il passaggio che scendeva dalla prima cavità verso i rami profondi della seconda. Si trattava di un cunicolo, alto in media 50 cm, con un corso d’acqua che scorreva al suo interno. L’andamento era irregolare, con curve, gomiti e rapidi cambiamenti di pendenza. Si scendeva - e si trattava di completare un tragitto allora ancora inesplorato - con un sacco di materiale ognuno, più l’attrezzatura personale per permettere la risalita una volta fatto il collegamento. Il percorso, per quanto disagevole, non presentava eccessive difficoltà. Si trattava di strisciare, trascinandosi il sacco e cercando di non bagnarsi troppo nelle pozze più profonde presenti lungo il passaggio. Tutto è successo improvvisamente. Giunto in prossimità di una curva a gomito verso sinistra, ho notato che quasi l’intero cunicolo era occupato da un pozza d’acqua profonda non più di 20 cm. Per non bagnarmi più di tanto, ho cercato di tenermi il più alto possibile verso l’interno di tale curva, facendo presa su alcune piccole stalattiti presenti in quel punto. Probabilmente una di queste concrezioni ha ceduto, perché mi sono trovato senza l’appiglio. Tutto il busto era proteso in avanti e completamente sbilanciato. Risultato finale un bel tuffo, faccia in avanti, nella pozza d’acqua. Ma il tutto si è rivelato più complicato del previsto: la presenza del sacco che non mi permetteva di riacquistare l’equilibrio ed il fatto che mi ritrovavo praticamente a testa in giù nell’acqua, hanno fatto scatenare un momento di vero panico. Non riuscivo a puntarmi, non potevo sollevarmi, ero inesorabilmente bloccato in quella strana posizione, senza alcuna via di scampo. Risultato: sarei semplicemente morto annegato con la faccia immersa in una pozzetta d’acqua profonda una spanna.
Cosa è poi successo? Come sempre, quando ci si trova in situazioni particolari, viene fuori quel “qualcosa in più” che, talvolta, ti salva la vita. Ho iniziato a divincolarmi, a forzare con le gambe, ad annaspare con le braccia, finché non mi sono ritrovato oltre la curva, al di la della pozza. Non so quale sia stato il movimento decisivo, ma un attimo prima ero semisoffocato con il viso immerso nell’acqua, un attimo dopo ero oltre l’ostacolo. Mi è successo varie volte di scoprire come, in talune circostanze estreme, vi siano energie e risorse latenti che non ti aspetti di avere ma che, all’ultimo momento, sono proprie quelle decisive.
Di questo strano fatto abbiamo riso a lungo, ma vi assicuro che quei 15 secondi in acqua, senza respirare ed impossibilitato ad uscire, sono stati – forse – i quindici secondi più lunghi della mia vita. Se non ne siete convinti, vi sfido ad una prova che potete fare anche stando comodamente a casa vostra: mettetevi a testa in giù, con le mani bloccate, la faccia in un secchio d’acqua e cominciate a contare. Sono convinto che alla fine converrete anche voi che, in certe situazioni, anche 15 secondi possono risultare lunghi come un’eternità …
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