mercoledì 10 settembre 2008
Dalle nostre parti, a Trieste, abbiamo sicuramente la presenza di un buon numero di cavità artificiali. Ci sono acquedotti, pozzi, rifugi e strutture militari, e devo dire che si prova una certa soddisfazione nello studiare tali opere ipogee. Immaginate, però, cosa può sentire uno speleologo locale quando viene immerso in una realtà completamente diversa: un’intera collina trivellata da scavi nel tufo che, con una sovrapposizione strutturale e funzionale che abbraccia quasi 2500 anni, vede l’intrecciarsi di tombe etrusche, possibili opere romane, cripte medioevali e costruzioni rinascimentali.
Ho avuto la fortuna, qualche giorno fa, di poter partecipare ad un campo di lavoro organizzato dal gruppo speleologico Egeria di Roma e sostenuto dalla Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana. L’area di lavoro si colloca in Lazio - ai confini con la Toscana - nelle vicinanze del lago di Bolsena. Il compito era quello di continuare la documentazione degli ipogei presenti in zona, per definire le caratteristiche delle singole cavità e posizionare tutte queste opere su una planimetria in grande scala.
Anch’io ho dato il mio piccolo contributo, rilevando vari sotterranei e procedendo alla geolocalizzazione di altri.
E’ stato entusiasmante entrare in queste cavità, che magari iniziavano con un ampia stanza adibita recentemente a stalla, per poi sprofondarsi in un susseguirsi di locali e corridoi inclinati per giungere alla camera sepolcrale originale, risalente al periodo etrusco. Alcune di queste tombe, viste le loro caratteristiche costruttive, sono state datate al 8° secolo avanti Cristo, per poi essere oggetto di modificazioni ed ampliamenti fino a due secoli fa. Nei primi anni del 1700, infatti, a causa della presenza della malaria, il posto è stato considerato insalubre e quindi tutto l’abitato (chiamato San Lorenzo Vecchio) è stato traslato in una posizione più arieggiata e salutare, fondando il borgo che oggi viene chiamato San Lorenzo Nuovo. Tutto il paese vecchio è stato quindi abbattuto e smantellato, recuperando per quanto possibile ogni materiale da costruzione. Poi, l’intera area è stata dimenticata.
Oggi, dall’analisi di quello che è rimasto nel sottosuolo, si cerca di ricostruire il centro storico nella sua configurazione originale, posizionando le mura, le porte, gli edifici più importanti e le chiese.
Un interessantissimo lavoro che richiederà ancora molto tempo e tanto impegno e non è detto che anch’io non ritorni a dare una mano.
Per il resto, quasi una settimana di buona compagnia, di lavoro in cavità, di bagni al lago e di mangiate poderose.
Un’esperienza da ripetersi quanto prima.
L’immagine ritrae la mia grande amica Carla, in una delle cavità rilevate (Foto Guglia)
Ho avuto la fortuna, qualche giorno fa, di poter partecipare ad un campo di lavoro organizzato dal gruppo speleologico Egeria di Roma e sostenuto dalla Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana. L’area di lavoro si colloca in Lazio - ai confini con la Toscana - nelle vicinanze del lago di Bolsena. Il compito era quello di continuare la documentazione degli ipogei presenti in zona, per definire le caratteristiche delle singole cavità e posizionare tutte queste opere su una planimetria in grande scala.
Anch’io ho dato il mio piccolo contributo, rilevando vari sotterranei e procedendo alla geolocalizzazione di altri.
E’ stato entusiasmante entrare in queste cavità, che magari iniziavano con un ampia stanza adibita recentemente a stalla, per poi sprofondarsi in un susseguirsi di locali e corridoi inclinati per giungere alla camera sepolcrale originale, risalente al periodo etrusco. Alcune di queste tombe, viste le loro caratteristiche costruttive, sono state datate al 8° secolo avanti Cristo, per poi essere oggetto di modificazioni ed ampliamenti fino a due secoli fa. Nei primi anni del 1700, infatti, a causa della presenza della malaria, il posto è stato considerato insalubre e quindi tutto l’abitato (chiamato San Lorenzo Vecchio) è stato traslato in una posizione più arieggiata e salutare, fondando il borgo che oggi viene chiamato San Lorenzo Nuovo. Tutto il paese vecchio è stato quindi abbattuto e smantellato, recuperando per quanto possibile ogni materiale da costruzione. Poi, l’intera area è stata dimenticata.
Oggi, dall’analisi di quello che è rimasto nel sottosuolo, si cerca di ricostruire il centro storico nella sua configurazione originale, posizionando le mura, le porte, gli edifici più importanti e le chiese.
Un interessantissimo lavoro che richiederà ancora molto tempo e tanto impegno e non è detto che anch’io non ritorni a dare una mano.
Per il resto, quasi una settimana di buona compagnia, di lavoro in cavità, di bagni al lago e di mangiate poderose.
Un’esperienza da ripetersi quanto prima.
L’immagine ritrae la mia grande amica Carla, in una delle cavità rilevate (Foto Guglia)
Etichette: Cavità artificiali varie