domenica 2 marzo 2008
Dicono che in grotta sia possibile osservare - dalle nostre parti - solamente animaletti di piccola taglia e, normalmente, questo è vero. E’ possibile contemplare qualche gamberetto, qualche ragno, qualche cavalletta, ma l’incontro con animali più grandi si limita al proteo (che un paio di volte ho avuto la fortuna di vedere in gran numero nei rami interni della grotta di Postummia). In qualche occasione, infine, è possibile trovarsi di fronte qualche pipistrello, ma i potenziali incontri si limitano a questi.
Analizzando la mia carriera speleologica, però, posso trovare - a proposito di questo argomento - un episodio alquanto singolare.
Qualche anno fa ero in Umbria, in compagnia del mio amico Roberto Nini. Stavamo visitando un ramo sotterraneo dell’acquedotto romano detto "Formina", costruito dal curator aquarum Marco Cocceio Nerva tra il 24 ed il 33 d.C, sotto l'impero di Tiberio.
Dopo essere entrati attraverso un pozzetto profondo qualche metro, abbiamo iniziato a discendere lungo lo speco, che - devo ammettere - si presentava ai miei occhi con una morfologia estremamente suggestiva ed interessante. Eravamo io e Roberto davanti e, qualche decina di metri dietro di noi, altri tre ragazzi del posto. Chiacchierando e parlando di esplorazioni, abbiamo percorso un bel tratto di acquedotto, soffermandoci su alcune iscrizioni incise sulle pareti a testimonianza di vari restauri effettuati nel 17° secolo.
Ad un certo punto, ci siamo fermati, in quanto quel tratto di acquedotto terminava in corrispondenza di un’ostruzione che impediva la progressione, pur garantendo il deflusso dell’acqua. Eravamo in attesa degli altri in una specie di piccola saletta, da cui si dipartiva un basso passaggio che conduceva, dopo qualche metro, alla frana vera e propria. E’ stato proprio in quel particolare momento che è avvenuto il fatto strano. Dal basso passaggio abbiamo iniziato ad udire dei strani rumori, come dei soffi e dei sibili. Ci siamo quindi concentrati per capire cosa stesse succedendo ed abbiamo così potuto vedere delle onde d’acqua uscire dal cunicolo per arrivare fino a noi. La cosa era quasi inspiegabile, in quanto queste onde si propagavano controcorrente. A questo punto si è fatto distintamente sentire anche un forte rumore in rapido avvicinamento (sempre proveniente dall’angusto passaggio) che, sul momento, mi è sembrato come il galoppo di un animale lanciato a piena velocità.
Io ho guardato negli occhi Roberto, lui ha guardato me, e poi abbiamo fatto l’unica cosa che ci è venuta in mente in quel frangente: abbiamo iniziato una rapida corsa a ritroso lungo la galleria dell’acquedotto. Durante la nostra ritirata sentivamo chiaramente come qualcosa di molto grosso, ma del quale non conoscevamo la natura, ci stesse inseguendo. Anzi, nonostante i nostri sforzi, stavamo per essere raggiunti. Arrivati in una saletta sormontata da un piccolo camino, Roberto ha dato una secca indicazione “…andiamo su…”. Ci siamo quindi arrampicati, il più velocemente possibile, cercando di allontanarci dal fondo dell’acquedotto dove scorreva l’acqua. In quel preciso momento, una creatura massiccia, irsuta e sbuffante ci ha raggiunto e ci è passata, a tutta velocità, fra le gambe. Ci è voluto un attimo prima di riconoscere l’animale (specialmente per me che venivo da un’altra regione) ma finalmente Roberto si è messo a ridere dicendo “…è un istrice, un istrice…”. Il mistero è stato risolto. Il povero animale, probabilmente entrato da qualche buco nell’acquedotto per abbeverarsi, si è visto bloccato nel cunicolo da noi speleologi che stavamo avanzando. L’istrice è quindi arretrato, precedendoci, finché non si è reso conto che il passaggio si chiudeva con una frana. A questo punto, ha tentato il tutto per tutto. E’ partito “a tutta birra”, puntando sul nemico (che in quel caso eravamo proprio noi), cercando in qualche modo di raggiungere l’uscita. Io non avevo mai incontrato un istrice e devo dire che un esemplare adulto, arrabbiato e con gli aculei tutti arruffati fa una certa impressione. Dopo aver capito di cosa si trattava abbiamo riso della nostra reazione, ma la fuga ci era sembrata, al momento, l’unica soluzione possibile. Devo dire che abbiamo riso ancora di più aspettando la reazione dei compagni che ci seguivano. Anche loro si sono visti piombare addosso l’animale impaurito e numerosi strilli sono risuonati nel silenzio dell’acquedotto, specialmente da parte dell’unica ragazza che faceva parte della spedizione.
Ancora oggi, quando abbiamo l’occasione di incontrarci, io e Roberto ricordiamo questo curioso avvenimento, che ci riporta alla mente un bel periodo fatto di esplorazioni e di grandi discussioni sulle cavità artificiali.

L'immagine ritrae l'amico Roberto nella galleria della "Formina" (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 11:52 |


1 Comments:


At 20/3/08 6:08 PM, Anonymous Anonimo

Divertente :)
In effetti spesso nei sotterranei artificiali il minimo rumore genera paure irrazionali: mi ricordo come qualche anno fa andammo a visitare un bunker in 3, di cui una ragazza.. verso il fondo uno strano rumore, probabilmente provocato da qualche piccolo animale, le fece pensare che ci fosse addirittura un assassino!! ..e poi tranquillizzarla non fu per niente facile..