mercoledì 19 dicembre 2007
Se penso alle mie ricerche nel campo della speleologia in cavità artificiali, devo ammettere che il campo di studio che più mi ha interessato è stato quello legato alle opere idrauliche.
Mi ha sempre affascinato il lavoro fatto dall’uomo per rendere più abitabile il proprio territorio e quale tema può risultare più importante per lo sviluppo di una comunità di quello legato al suo approvvigionamento idrico?
A tale proposito, ho sempre immaginato che l’uomo, in ogni tempo, abbia seguito tre regole semplici e fondamentali: recuperare l’acqua utile, conservare l’acqua utile ed allontanare l’acqua superflua.
L’applicazione pratica di tali ragionamenti si può trovare studiando lo sviluppo di ogni nucleo storico presente nel nostro paese (e non solo) e si tratta - alla fine - di regole valide ancora oggi. Ma vediamo di sviluppare tali ragionamenti. La nascita e lo sviluppo di una città implica inevitabilmente una certa disponibilità di acqua potabile. Se non c’è acqua a sufficienza, la città muore. Ecco quindi che risulta necessario procedere all’ottimizzazione delle risorse idriche naturalmente disponibili, modificando sorgenti e potenziando le fonti presenti. Si scaveranno, inoltre, pozzi per accedere alle eventuali falde sotterranee superficiali, cercando di drenare l’acqua presente nel terreno.
Qualche volta, però, tutto questo non risulterà sufficiente. L’impoverimento di qualche sorgente o lo sviluppo improvviso del centro abitato possono portare all’urgente necessità di una maggiore quantità d’acqua. A questo punto l’unica cosa possibile da fare è quella di andare a prendersi l’acqua nelle vicinanze, trasportandola con apposite condotte nella città. E’ questa la fase degli acquedotti che, con lunghezze talvolta anche molto estese, vanno a raccogliere la preziosa risorsa disponibile nei dintorni, per renderla fruibile al centro abitato. Avere la disponibilità teorica dell’acqua, però, non è sempre sufficiente. Spesso le sorgenti risentono di prolungati periodi di magra e le portate possono variare anche di molto nel corso dell’anno. Il prezioso elemento deve allora essere immagazzinato nei periodi di maggiore quantità, per essere poi utilizzato nei momenti di siccità delle fonti. Vengono quindi create delle riserve, ovvero cisterne e serbatoi di raccolta ed accumulo. Nonostante questi tentativi per uniformare l’offerta idrica, ci possono essere anche dei singoli momenti nei quali l’acqua risulta, invece, addirittura sovrabbondante, in quantità maggiore rispetto a quelle che sono le richieste di utilizzo. Esiste poi il problema della trasformazione, cioè quello legato alla produzione di un certo quantitativo di acqua sporca, non più utilizzabile e quindi da eliminare. Con il tempo nascono allora appositi sistemi di smaltimento: canali e cunicoli per l’allontanamento dalla città dell'acqua oramai diventata un problema. A quest’ultima categoria di cavità possiamo affiancare - per analogia - anche quelle legate alle bonifiche dove, per utilizzare al meglio un territorio con problemi di impaludamento, risulta necessario allontanare l’acqua stagnante con apposite strutture di trasporto.
Se si osserva bene, potremo riscontrare che, in ogni centro abitato - per quanto piccolo - sono stati applicati questi ragionamenti: la disponibilità d’acqua potabile è stata ottimizzata potenziando le fonti naturali disponibili, quando queste non sono risultate sufficienti, sono state costruite apposite strutture per avvicinare l’acqua disponibile nei dintorni; quest’acqua è stata quindi accumulata ed immagazzinata; infine, sono state create apposite strutture per allontanare l’acqua in eccesso, oppure divenuta sporca e non più utilizzabile. Queste argomentazioni sono risultate evidenti analizzando la storia dell’approvvigionamento idrico della città di Trieste, ma saranno egualmente applicabili allo sviluppo di qualsiasi altro centro abitato. Provate a fare le opportune verifiche e vedrete che non sbaglio.

La foto è stata scattata in una miniera della toscana Ringrazio la gentile collaboratrice, probabilmente anconetana, di cui però non conosco il nome (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 17:14 |


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