giovedì 31 maggio 2007

E' oramai da più di una decina d'anni che non frequento, speleologicamente parlando, il massiccio del monte Canin. Sono ritornato, qualche anno fa, con la figlia ed ho cercato di mostrare alla famiglia i vari ingressi delle grotte che ho trovato e visitato, ma con scarsa partecipazione delle mie ragazze.

Per un lungo periodo, la campagna esplorativa in Canin è stata per la SAS un punto fermo dell'attività estiva e varie generazioni di speleo si sono affiancate in queste spedizioni che, inizialmente, chiamavamo ancora pomposamente "uscite fuori zona".
Il mio primo approccio con il Canin è stato nel 1976, anno nel quale abbiamo organizzato una visita invernale alla grotta denominata “A12”. Per un caso fortuito siamo riusciti a procurarci l'appoggio degli elicotteri militari e, durante l'esplorazione, è successo di tutto. Oltre al maltempo, abbiamo avuto un caso di appendicite, con un penoso trasferimento nella neve alta del malcapitato (Mario Bianchetti) che ci ha abbandonato assieme a due accompagnatori. C'è stato poi un intossicamento alimentare, che ha ridotto ulteriormente i ranghi ed ha portato ad un recupero dei materiali fatto da sole due persone, il sottoscritto e Toni Scarazzato. Mi riferisco ad un periodo in cui per andare nelle grotte si usavano ancora le scale ed il mucchio di sacchi che abbiamo trasportato in due è stato considerevole.
Dopo questa prima uscita ho continuato a frequentare il Canin. Ricordo le serate passate nel locale invernale del Gilberti assieme a Giacomo Nussdorfer (ancora dell'Adriatica) ed i due Mario (Gherbaz e Trippari): allora non c'era la funivia, danneggiata dal terremoto del 1976, e ci si ritrovava alla sera del sabato al rifugio per poi dividerci: gli altri andavano verso il Col dell'Erbe, noi verso il Pic Maiot. Nel corso degli anni abbiamo siglato ed esplorato varie cavità, alcune anche di un certo interesse, come quelle denominate K7, K27, OV1 e VH89.
Una parentesi a parte viene rivestita dalla grotta denominata “E10” (Abisso Mornig). L'esplorazione di questa profonda cavità, iniziata con qualche incomprensione con gli amici del CAT, ha permesso di aprire una delle porte del vasto mondo sotterraneo oggi conosciuto come “complesso del Foran del Muss”, che allora noi abbiamo intravisto solo in minima parte. Molti sono gli speleo che hanno vissuto assieme a me queste avventure. Fra i tanti posso citare (in ordine sparso): Giacomo Nussdorfer, Furio Bagliani, Bruno Vittori, Roberto Cociani, Maurizio Glavina, Alberto Lazzarini, Franco Coren, Toni Scarazzato, Luciano Martini, Paolo Pezzolato, Walter Basso, Lorenzo Marini … e molti altri.

L'immagine che ho scelto per accompagnare queste poche righe riguarda una delle ultime uscite alle quali ho partecipato agli inizi degli anni novanta e raffigura Ciano Fiaba (soprannome di Luciano Martini) all'ingresso di una fessura posta proprio nelle vicinanze del Pic Maiot (Foto Guglia).

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posted by Paolo at 18:54 |


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