mercoledì 30 maggio 2007
Devo dire che, agli inizi della mia carriera speleologica, ho sempre avuto difficoltà ad essere in sintonia con i “guerrofili”. Con questo termine, palesemente provocatorio, intendevo allora tutti quelli che, esplorando in lungo ed in largo il vicino Carso, si intrufolavano in ogni piccolo anfratto sotterraneo anche se questo presentava evidenti genesi antropiche. In pratica mi domandavo “con tutte le grotte che abbiamo, come è possibile che qualcuno provi il desiderio di visitare banali cavernette di guerra?”
A tali attività esplorative avevo sempre abbinato una malsana propensione per le armi, una disdicevole attrazione per la guerra e un morboso attaccamento per le sue tracce ancora presenti sul territorio. Nel tempo, però, mi sono accorto che sbagliavo e che tanti appassionati di cose militari erano, alla fine, dei bravi ragazzi per nulla portati alla violenza.
Ad un certo punto, arrendendomi all’evidenza che tutte le opere sotterranee costruite in occasione di eventi bellici erano comunque cavità artificiali degne di attenzione, ho iniziato perfino a studiare e rilevare tali strutture ipogee, limitandomi comunque alla sola documentazione degli spazi ricavati nel sottosuolo e lasciando ad altri la ricerca dei vari reperti arrugginiti testimoni delle battaglie del passato.
Ora, però, devo riconoscere che, invecchiando, sono ridiventato nuovamente intollerante. Non mi piacciono per nulla le cavità legate alla guerra e gli scavi sotterranei presenti sui campi di battaglia: riesco in qualche modo a sentire la violenza che è stata esercitata in questi posti. Ho già detto che la disperazione può lasciare delle tracce nei luoghi nei quali si è manifestata ed i campi di guerra non possono che grondare di sofferenza e sensazioni negative.
Per questo motivo considero le cavità militari delle interessanti testimonianze degli eventi storici che hanno sconvolto il nostro passato, ma nonostante questo - se possibile - cerco di dedicarmi ad altre tematiche di studio.
Il mio settore preferito è quello legato all’approvvigionamento idrico, argomento di ricerca che può soffermarsi non solo sulle soluzioni tecniche adottate, ma anche sulle speranze, sui tentativi e sui risultati raggiunti dall’uomo per risolvere il grave problema della mancanza d’acqua.
Nelle cavità militari, escluse le analisi tecniche e morfologiche, è possibile percepire solo la sconfitta dell’intelligenza e la degenerazione dell’uomo che si è contrapposto con la violenza ai suoi simili.
Scusate la retorica, probabilmente sarò fuori moda, ma alla fine sono queste le sensazioni che provo.
Nell’immagine l’interno di una cavità militare sita nel territorio urbano della città di Trieste (Foto Guglia)
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