mercoledì 9 maggio 2007

Perché l’uomo sia così autolesionista, non l’ho ancora capito.

Quale sia il meccanismo perverso che lo porti a fare le cose più inutili, quelle più evidentemente sbagliate, quelle più ovviamente sciocche, proprio non riesco a comprenderlo.
Eppure succede. Capita mentre guidi l’automobile e ti accorgi di aver fatto una manovra che, a mente fredda, non avresti nemmeno preso in considerazione. Capita mentre lavori, quando usi qualche strumento nell’unico modo in cui non dovrebbe essere usato. Lo sai perfettamente, però ti ritrovi a dire “Ma guarda che cretino che sono, ma guarda che rischio ho corso…”. Di solito finisce bene, ma altre volte può finire molto male. Sarà forse l’abitudine che ti porta a non pensare, oppure sarà la ripetizione del gesto che non ti fa vedere le cose per quello che veramente sono. Eppure succede.
Capita nella vita di ogni giorno e, talvolta, capita in grotta. Sfido qualsiasi speleologo a guardarsi indietro e non trovare, nei suoi trascorsi esplorativi, situazioni strane non dovute a fattori esterni, ma alla caparbia e cocciuta volontà di cacciarsi nei guai senza ragionare su cosa sarebbe potuto realmente succedere.
Ovviamente, anch’io ho i miei precedenti, finiti bene ma tutti legati a situazioni di potenziale pericolo.
Vi racconterò di quella volta che abbiamo fatto una gita alla grotta Doviza, nel 1982.
Si tratta di una cavità a più ingressi, sostanzialmente a sviluppo orizzontale. Dopo aver gironzolato per i vari rami, abbiamo deciso di uscire dall’ingresso alto. Non ricordo esattamente il percorso seguito, ma rammento qualche breve arrampicata ed un lungo meandro. Tutti i compagni ne hanno seguito il fondo, che alla fine era abbastanza comodo. Solo io, più furbo di tutti, ho deciso di salire e di attraversare per raggiungere l’uscita. Il meandro si presentava con varie scanalature e cengette provocate dal lavorio dell’acqua, per cui non è stato particolarmente difficile salire. Poi, raggiunta la quota giusta, ho cominciato a spostarmi orizzontalmente. Non ero molto alto rispetto al fondo (circa 8 m) e gli appoggi per i piedi erano sicuri. In pratica, io mi muovevo nella parte alta del meandro, sopra i miei amici che ne seguivano il fondo. Il meandro, dopo una parte rettilinea, ha iniziato a seguire una conformazione più complessa, con curve e controcurve, che è poi la morfologia principale di questa tipologia di passaggio. Ad ogni cambio di direzione la sezione si ampliava, per poi restringersi nuovamente.
Avanzando, mi sono trovato in un punto particolare, proprio in corrispondenza di una brusca curva, dove la larghezza del meandro, mediamente di circa 80 cm, aumentava leggermente. Trovandomi con pochi appoggi per i piedi, cosa ho pensato di fare? La cosa più stupida che potevo escogitare.
Invece di impostarmi meglio, magari scendendo per trovare un passaggio più comodo, ho fatto un elegante saltello … e subito dopo mi sono reso conto dell’errore commesso. Mi sono trovato nella seguente posizione: schiena alla parete interna della curva a gomito e piedi in contrapposizione, in una larga spaccata che mi permetteva a stento di rimanere incastrato. Sopra e sotto il meandro si allargava, per cui non era possibile né calarsi né alzarsi. Non potevo ritornare indietro, perché mi sarei ritrovato senza un appoggio e sarei caduto. Ma la stessa situazione si riproponeva se volevo avanzare, nessun appoggio per rimanere in equilibrio. Mi ero ficcato in quella posizione con una specie di balzo, ma non ero più in grado di rifare a ritroso quel movimento. Ero quindi bloccato, impossibilitato a muovermi in qualsiasi direzione. Le pareti, poi, si presentavano belle lisce, senza nessun appiglio sul quale fare forza.
Che stupido ... In occasioni come queste non rimane altro che dimenticare il proprio orgoglio e chiamare aiuto. Qualche grido più forte e mi sono ben presto accorto che gli altri, seguendo la via più facile del fondo, erano già usciti dalla grotta e probabilmente mi stavano aspettando. Ancora qualche ululato, ma nessuna risposta.
Che stupido ... Ho quindi provato qualche movimento per tastare l’attrito delle pareti, ma mi sono accorto che il fango sotto le suole degli stivali aveva creato una bella patina scivolosa proprio in corrispondenza dei punti dove potevo fare forza.

Che stupido ... Ma perché mi sono ficcato in una situazione tanto sciocca?
Il finale ve lo lascio immaginare. Dopo mezz’ora gli amici sono ritornati in grotta in cerca dello sprovveduto che, a loro pensare, si era perso. Lo hanno trovano, invece, bloccato nell’alto del meandro, inchiodato in una posizione assurda e con una presa sulle pareti che si riduceva sempre di più con il passare del tempo. Ricordo che hanno riso per dieci minuti e si sono fatti pregare a lungo per farmi arrivare una corda con la quale superare quel metro scarso che mi ha definitivamente riportato al sicuro.
Che stupido … Situazioni di questo genere si possono risolvere per il meglio, ma è possibile anche farsi veramente male. Pensate che l’esperienza insegni e che poi non si ricada più nello steso errore? Se avrò tempo vi parlerò delle molte altre occasioni in cui, con perseverante caparbietà, mi sono ricacciato in situazioni simili senza aver imparato nulla dalla vita.
Che stupido!!!

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posted by Paolo at 18:23 |


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