domenica 13 aprile 2008
Ho già raccontato di un mio incontro sotterraneo con un povero istrice impazzito dalla paura e, pensando a quell’avvenimento, mi è venuto in mente un’altra storia. Si tratta di un fatto molto più banale e quasi comico, che risale a più di trent’anni fa.
La SAS ha sempre abbinato all’esplorazione speleologica anche la ricerca di nuove zone carsiche. Negli anni settanta, abbiamo deciso di dare un’occhiata ad un’area che poteva essere promettente (ed in verità, in seguito, si è rivelata tale): la catena dei monti Musi. In quell’occasione, però, siamo partiti completamente disorganizzati, senza un minimo di preparazione e decisi, più che altro, a passare qualche giorno in libertà. Eravamo io, Libero Degrassi e Mario Bianchetti. Di grotte non ne abbiamo trovata nemmeno una, ma abbiamo fatto delle belle escursioni lungo i canaloni che salivano ripidi verso le cime più alte. Non eravamo in possesso di particolari attrezzature, ma abbiamo allestito un campo base con tanto di cucina e dispensa. Pensando oggi a tali attrezzature, mi viene semplicemente da ridere: qualche pentola, un fornelletto a gas ed una tenda militare. Questa tenda, poi, possedeva tutta una serie di caratteristiche negative: era pesantissima, non teneva la pioggia ed era priva di fondo. In pratica si dormiva distesi sulla nuda terra. Probabilmente sarà stato per l’inesperienza, ma siamo riusciti anche a piantare questa tenda su un piano leggermente inclinato, per cui ad una certa ora della notte ci ritrovavamo tutti “ammonticchiati” da un lato del nostro scomodo riparo. Proprio in occasione di una di queste involontarie “ammucchiate”, ci siamo svegliati tutti e tre, sia per la scomoda posizione, sia per alcuni strani rumori provenienti dall’esterno. Inizialmente solo qualche fruscio ma, con il tempo, rumori che si susseguivano sempre più forti e vicini. Noi ci siamo guardati negli occhi alla luce di una piccola torcia, ancora tutti aggrovigliati nei nostri sacchi a pelo, domandandoci cosa potevamo fare. Sarà stato qualche animale, qualche malintenzionato, o qualche creatura maligna del bosco? Si sa che la suggestione può far immaginare anche le cose più strane, ma abbiamo iniziato a fare tutte le più strane congetture sull’ospite notturno. Intanto che noi discutevamo a bassa voce, i rumori si facevano sempre più definiti, finché un frastuono di lattine, bottiglie e barattoli che cadevano ci fecero capire esattamente cosa stava succedendo: si trattava di un vero e proprio attacco alla nostra dispensa.
Bisognava uscire e fronteggiare l’intruso, ma non si trovava il volontario. Tutti e tre stavamo rintanati nel nostro sacco a pelo, non dimostrando alcun entusiasmo nei confronti di una sortita dalla tenda. Alla fine, sempre bisbigliando, ci siamo accordati per un’uscita in gruppo che, nei piani, doveva impaurire l’ospite indesiderato. Ci siamo così sfilati pian piano dai sacchi a pelo e, imbracciando ognuno quello che si era riuscito a trovare nella tenda (rispettivamente una pentola, una piccozza ed un coltellino svizzero) abbiamo aperto improvvisamente i teli della tenda, lanciando urla agghiaccianti.
Così facendo, ci siamo trovati faccia a faccia con l’intruso: si trattava di un povero tasso che aveva deciso di fare visita non alla nostra dispensa, come avevamo ipotizzato, ma al sacco delle immondizie. Al nostro balzo, l’animale ha risposto con un balzo altrettanto vigoroso, per poi sparire di corsa nel buio della notte. In realtà si è trattato solo di un piccolo incidente, che ci ha obbligati, la mattina dopo, a raccogliere rifiuti sparsi per tutto il campo. Certo, il tasso è un animale abbastanza grosso ma completamente inoffensivo, che non ha perso l’occasione per fuggire non appena siamo comparsi. Se noi abbiamo avuto una certa paura, il tasso ne ha avuta molta più di noi. Chissà cosa sarebbe successo, invece, se si fosse trattato di un altro animale. Mi è stato detto che, nei pressi del vicino passo di Tanamea che porta in Slovenia, è stato osservato anche qualche esemplare di orso. In tal caso, a cosa sarebbero serviti la pentola, la piccozza ed il coltellino svizzero con cui ci eravamo armati nei confronti del plantigrado?
Il bello del campeggio è che non ci pensi nemmeno a queste cose e che poi, di norma, queste non succedono. Nonostante l’avvenimento notturno e tutti i conseguenti ripensamenti, quella permanenza alle pendici della catena dei monti Musi è stata una bellissima esperienza a contatto con la natura.
La SAS ha sempre abbinato all’esplorazione speleologica anche la ricerca di nuove zone carsiche. Negli anni settanta, abbiamo deciso di dare un’occhiata ad un’area che poteva essere promettente (ed in verità, in seguito, si è rivelata tale): la catena dei monti Musi. In quell’occasione, però, siamo partiti completamente disorganizzati, senza un minimo di preparazione e decisi, più che altro, a passare qualche giorno in libertà. Eravamo io, Libero Degrassi e Mario Bianchetti. Di grotte non ne abbiamo trovata nemmeno una, ma abbiamo fatto delle belle escursioni lungo i canaloni che salivano ripidi verso le cime più alte. Non eravamo in possesso di particolari attrezzature, ma abbiamo allestito un campo base con tanto di cucina e dispensa. Pensando oggi a tali attrezzature, mi viene semplicemente da ridere: qualche pentola, un fornelletto a gas ed una tenda militare. Questa tenda, poi, possedeva tutta una serie di caratteristiche negative: era pesantissima, non teneva la pioggia ed era priva di fondo. In pratica si dormiva distesi sulla nuda terra. Probabilmente sarà stato per l’inesperienza, ma siamo riusciti anche a piantare questa tenda su un piano leggermente inclinato, per cui ad una certa ora della notte ci ritrovavamo tutti “ammonticchiati” da un lato del nostro scomodo riparo. Proprio in occasione di una di queste involontarie “ammucchiate”, ci siamo svegliati tutti e tre, sia per la scomoda posizione, sia per alcuni strani rumori provenienti dall’esterno. Inizialmente solo qualche fruscio ma, con il tempo, rumori che si susseguivano sempre più forti e vicini. Noi ci siamo guardati negli occhi alla luce di una piccola torcia, ancora tutti aggrovigliati nei nostri sacchi a pelo, domandandoci cosa potevamo fare. Sarà stato qualche animale, qualche malintenzionato, o qualche creatura maligna del bosco? Si sa che la suggestione può far immaginare anche le cose più strane, ma abbiamo iniziato a fare tutte le più strane congetture sull’ospite notturno. Intanto che noi discutevamo a bassa voce, i rumori si facevano sempre più definiti, finché un frastuono di lattine, bottiglie e barattoli che cadevano ci fecero capire esattamente cosa stava succedendo: si trattava di un vero e proprio attacco alla nostra dispensa.
Bisognava uscire e fronteggiare l’intruso, ma non si trovava il volontario. Tutti e tre stavamo rintanati nel nostro sacco a pelo, non dimostrando alcun entusiasmo nei confronti di una sortita dalla tenda. Alla fine, sempre bisbigliando, ci siamo accordati per un’uscita in gruppo che, nei piani, doveva impaurire l’ospite indesiderato. Ci siamo così sfilati pian piano dai sacchi a pelo e, imbracciando ognuno quello che si era riuscito a trovare nella tenda (rispettivamente una pentola, una piccozza ed un coltellino svizzero) abbiamo aperto improvvisamente i teli della tenda, lanciando urla agghiaccianti.
Così facendo, ci siamo trovati faccia a faccia con l’intruso: si trattava di un povero tasso che aveva deciso di fare visita non alla nostra dispensa, come avevamo ipotizzato, ma al sacco delle immondizie. Al nostro balzo, l’animale ha risposto con un balzo altrettanto vigoroso, per poi sparire di corsa nel buio della notte. In realtà si è trattato solo di un piccolo incidente, che ci ha obbligati, la mattina dopo, a raccogliere rifiuti sparsi per tutto il campo. Certo, il tasso è un animale abbastanza grosso ma completamente inoffensivo, che non ha perso l’occasione per fuggire non appena siamo comparsi. Se noi abbiamo avuto una certa paura, il tasso ne ha avuta molta più di noi. Chissà cosa sarebbe successo, invece, se si fosse trattato di un altro animale. Mi è stato detto che, nei pressi del vicino passo di Tanamea che porta in Slovenia, è stato osservato anche qualche esemplare di orso. In tal caso, a cosa sarebbero serviti la pentola, la piccozza ed il coltellino svizzero con cui ci eravamo armati nei confronti del plantigrado?
Il bello del campeggio è che non ci pensi nemmeno a queste cose e che poi, di norma, queste non succedono. Nonostante l’avvenimento notturno e tutti i conseguenti ripensamenti, quella permanenza alle pendici della catena dei monti Musi è stata una bellissima esperienza a contatto con la natura.
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